Simbolismi della Visione a Villa Altieri

Simbolismi della Visione a Villa Altieri

Una panoramica sulla mostra curata dalla Rome Art Week

Nel cuore del quartiere Esquilino, su Viale Manzoni, sorge Villa Altieri, una dimora storica del 1600 appartenuta alla famiglia Altieri, gioiello architettonico un tempo incastonato in un prezioso giardino.
Opera dell’architetto Giovanni Antonio de Rossi, la struttura riprendeva l’impianto a ferro di cavallo tipico delle ville rinascimentali, su cui si innestava una ricca decorazione in stile barocco comprendente una grande varietà di statue, busti e frammenti scultorei.
Nel 1975, alla fine di un lungo periodo di cambiamenti architettonico-strutturali e rimaneggiamenti urbanistici, la Villa venne acquistata dalla Provincia di Roma, sottoposta a importanti interventi di restauro e infine destinata ad ospitare una serie di servizi museali e culturali per la città di Roma.
E’ infatti sede del Palazzo della Cultura e della Memoria Storica, ospita una Biblioteca, un Centro di Studi e Ricerca e un Archivio storico e offre una serie di ambienti congressuali ed espositivi.

Per favorire maggior coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine di Roma nella vita di questa importante Villa storica, la Rome Art Week, per questa edizione 2023, organizza un’esposizione artistica al suo interno: Simbolismi della Visione, a cura di Massimo Scaringella, Roberta Melasecca e Fabio Milani.
In mostra 50 artisti e artiste dello scenario contemporaneo romano e internazionale, in un confronto visivo e semantico tra antico, moderno e contemporaneo, un dialogo senza tempo tra la collezione archeologica della famiglia Altieri, le architetture barocche e le opere in esposizione.
Una commistione armoniosa di varie arti e tecniche, dalla pittura alla scultura, dall’installazione alla fotografia.


L’opera più acclamata è certamente l’Octopus, un’installazione che vuole portare un messaggio universale di pace.
Nata dal progetto Beyond the clouds, l’opera è il risultato creativo dell’unione del lavoro di due artisti tra loro simili ma diversi: Aljoscha, artista visivo ucraino e Ilya Fedotov-Fedorov, artista e ingegnere biogenetico russo.
La loro collaborazione artistica vuole dimostrare come l’arte superi i limiti geografici e politici, come possa oltrepassare le barriere e funzionare come strumento di unione e condivisione.
Il potere dell’arte viene utilizzato come dispositivo di comprensione tra i popoli, capace di andare oltre le atrocità e le crudeltà commesse da persone contro altre persone.

Le singole parti che compongono l’opera, dalle plasticità eteree e immateriali, sono una metafora degli esseri umani, che hanno tra loro differenze e diversità, ma che per bisogno sociale fanno parte di un unico grande organismo e quindi devono e possono convivere in armonia.
La ricerca dei due artisti si orienta sull’innovazione scientifica, sull’ecologia umana, sulle trasformazioni e le metamorfosi e sulle possibilità bio-futuristiche e bio-etiche di migliorare il nostro modo di stare al mondo, creando attraverso l’arte un’ingegneria del paradiso.

Octopus -  Aljoscha e Ilya Fedotov-Fedorov
Octopus – Aljoscha e Ilya Fedotov-Fedorov


Ode to womanhood – Laetitia Ky


Vanitas Vanitatum – Hannu Palosuo

Senza titolo – Gregory de la Haba



Panoramica della mostra

L’artista Franco Losvizzero a fianco della sua opera Testa Vuota