Situato nel cuore di Roma, nel Rione Trastevere, Palazzo Velli la storica residenza che negli anni ha subito numerosi cambiamenti restando comunque un punto di riferimento per la collettività, oggi per l’ arte, presente dal 2017 è, anche quest’ anno, tra gli spazi espositivi iscritti al Rome Art Week.
Sede di numerosi eventi artistici contemporanei, ospitati e organizzati, trova la nell’ unione tra passato e presente che avviene attraverso l’ arte la sua ragione di essere.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Alessandro D’ Alessandro, direttore di Palazzo Velli, e Valeria Cirone, direttore artistico.
Palazzo Velli ha un antico e importante passato che le sue mura, nonostante i vari restauri, ancora Dopo l’ intervento degli anni ’70 ha ricevuto un encomio solenne da parte delle Belle Arti. Raccontaci brevemente la storia (e gli aneddoti!). (Alessandro D’Alessandro – Amministratore Unico Palazzo Velli Expo)
A.D.: Palazzo Velli è ricolmo di storia e storie. Realizzato dalla nobile famiglia Velli, conservatori della città di Roma, alla metà del trecento come agglomerazione di tre edifici del 1200 alla confluenza della via Aurelia Antica e la via Settimiana. Notevoli i semi archi rampanti realizzati dall’artista Andrea Cavalcanti, figlio adottivo di Filippo Brunelleschi (attribuzione ufficiosa della soprintendenza). A metà del millecinquecento con l’estinzione del ramo principale dei Velli il palazzo fu suddiviso tra la nobile famiglia degli Orsini e il capitolo di S. Maria in Trastevere, quest’ultima oggi è la parte di Palazzo Velli Expo. Per quasi quattrocento anni fu il “Rifugio” del rione Trastevere accogliendo orfani, ragazze madri e disagiati di varia estrazione. Solo agli inizi del novecento torna in mani private e nel millenovecentosettantadue acquisito dalla attuale proprietà. La ristrutturazione venne fatta in quell’epoca ricevendo la sopracitata lettera di encomio della sovrintendenza delle belle arti. Diversi aneddoti circolano intorno al palazzo e uno dei più affascinanti è la ripresa cinematografica dell’inizio dell’ultima sequenza del film “Roma” di Federico Fellini negli anni settanta. Poi seguono i ricordi di quartiere con il cinema Perla (poi Fontana), dove nell’annesso bar e sala giochi frequentatore abituale era Franco Califano. In epoca recente anche i Fratelli Vanzina hanno ambientato alcune scene del film Piper all’interno del palazzo.
La linea curatoriale sembra, molto spesso, volta a rompere gli schemi ed è predominante la componente sperimentale: a Palazzo Velli convivono il passato e il presente attraverso l’ arte, ed diventato negli anni un punto di riferimento per gli amanti del contemporaneo. Parlaci delle vostre scelte curatoriali.
A.D.: Quando Palazzo Velli Expo prese vita nel 2013 la missione che che ci si diede era quella di realizzare una nuova metodologia espositiva avendo una strategia inclusiva delle varie forme artistiche, esponendo arte affermata ed emergente. L’idea che venne adottata era quella di realizzare una sala espositiva basata su cinque pilastri fondanti: essere uno spazio culturale del centro storico, ridurre la filiera tra la fruizione dell’arte e la sua distribuzione, creare una compenetrazione tra le arti in produzioni sinergiche e multi-performative (mescolando arte figurativa, musicale, performativa e teatrale in realizzazioni espositive pensate in un unicum curatoriale), creare uno spazio aggregativo umano (aggiungendo momenti di incontro e aggregazione con esperimenti di temporary bistrot o modern bar, artistic DJ set, fino a cene gourmet tematiche), aggiungere la tecnologia come elemento irrinunciabile del momento espositivo (esperienze di Mixed VR, social media, esperimenti di virtual streaming delle mostre). Secondo noi questo realizza un upgrade dell’idea espositiva ad un’ipotetica versione 3.0 (dopo la 1.0 del metodo Hertziano e la 2.0 degli anni 60 con diversi minor upgrade negli anni 80, cui ancora oggi ci riferiamo magari con operazioni di restyling nelle esposizioni più talentuose). Questo ci piacerebbe realizzarlo rendendoci disponibili alla creazione di una rete di operatori che condividano il progetto anche portando critiche costruttive all’idea originale, realizzando un movimento artistico anche delle idee curatoriali. Ad oggi noi vediamo molti esperimenti che cercano di superare il paradigma dell’esposizione 2.0 ma senza realizzare la coraggiosa implementazione di tutti gli elementi che secondo noi sono necessari al nuovo progetto espositivo del futuro. La pandemia in atto ha messo in evidenza come l’elemento tecnologico non può essere più considerato comprimario e l’ultimo decennio ha sdoganato il superamento di un museo visuale statico a favore di di una fruizione più dinamica dello spazio culturale mediante momenti di aggregazione e di crossing arts per una visione più multisensoriale e multiculturale senza distinzioni di casta artistica. Il superamento del “maledetto quarto d’ora”, il tempo solitamente dedicato dalla stragrande maggioranza dei partecipanti alla visita degli eventi culturali, avviene secondo noi sposando questa nuova visione. Crediamo fermamente che questo ampliamento del tempo dedicato alla fruizione dell’esposizione nel suo complesso possa essere foriero di un aumento sostanziale dell’interesse intorno all’opera artistica e un aumento della platea dei fruitori di questo mondo passando dai Baby Boomer ai Late Millennials.
In una precedente edizione del Rome Art Week avete presentato un progetto in cui veniva introdotta anche l’ arte culinaria. Un bilancio a posteriori in un momento storico in cui sembra stia avvenendo un cambiamento nel mondo dell’arte.
V.C.: Ci siamo domandati :una cena può essere anche una performance artistica?
Assolutamente sì, tra dipinti, disegni, proiezioni, e performance musicali – tutto pienamente nello spirito multidisciplinare di Palazzo Velli Expo – per la mostra “Cibarie Leonardesche” abbiamo voluto prendere alla lettera il titolo della mostra ed organizzare 2 affascinanti cene rinascimentali aperte al pubblico, in cui assaggiare piatti provenienti direttamente dalle cucine del ‘500. Parallelamente al percorso della mostra segnato dal cibo, inteso non solo come meri alimenti ma piuttosto come sistema comunicativo le cene leonardesche cucinate dallo chef Di Buonatavola sono state un corollario all’intera esposizione. I partecipanti hanno potuto quindi gustare ricette dai sapori decisi e dalle preparazioni sofisticate ed essere parte integrante della mostra. Il cibo si fa ha fatto quindi da ponte tra arte e scienza consentendo alla mostra di evolversi lungo il filo conduttore del rapporto di Leonardo con la natura, l’alimentazione e la cucina. L’arte è cambiata e la cucina sta cambiando. I tempi sono maturi per creare qualcosa di nuovo ed innovativo. “Contaminazione”.
L’arte è emozione e la cucina può e vuole essere emozione. La cucina rende edibili le idee, come l’arte le rende visibili e tangibili.
La domanda conclusiva di rito, una piccola anticipazione: cosa ci riserverà Palazzo Velli nella prossima edizione del Rome Art Week?
V.C.: Per il RAW 2021 i nostri spazi si divideranno in tre.
Avremo una collettiva, una personale ed un’installazione fotografica.
All’ingresso troveremo una particolarissima installazione fotografica di Romana Rostolis, che eleva lo sguardo portando a vedere oltre attraverso degli scatti in b/n di rara bellezza.
Le sale Vasi e Velli, il cuore del piano superiore, ospiteranno la personale della visual artist Ilaria Pisciottani che proprio in questo mese sta lavorando per creare qualcosa degno di nota.
Il piano inferiore sarà destinato ad una collettiva internazionale dal titolo “Surface and Depth”, che avrà come protagonista il ricamo. I 60 artisti useranno il filo come fosse pittura per dipingere o marmo per scolpire.