Probabilmente molti di voi sono passati di fronte al portone di Via Cernaia 15 ignari del piccolo gioiellino che vi si trova dentro. L’Ospizio Giovani Artisti è un appartamento trasformato in spazio espositivo gestito dall’artista Werther Germondari, che dal 2017 partecipa fedelmente a Rome Art Week. L’abbiamo raggiunto per parlare del suo progetto e dell’evoluzione di uno spazio non convenzionale:
L’Ospizio Giovani Artisti è uno spazio dedicato agli artisti che hanno ormai superato i 35 anni, parlaci della sua nascita e di come ti è venuta questa idea.
L’idea originaria era nata in forma di opera, quasi un flashmob ante litteram. Più esattamente pensavo ad una insegna di grandi dimensioni che avrei cercato di mettere sopra l’ingresso di una capannetta metallica di un cantiere che molti anni fa (forse una quindicina) era nel giardino adiacente alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Il tutto era pensato nell’ambito di uno dei tanti progetti che all’epoca realizzavo insieme a Gianni Piacentini con il gruppo degli Artisti Innocenti. L’azione all’epoca comunque non la feci, ma mi rimase in testa e in seguito decantò nel progetto di uno spazio per soli artisti sopra i 35 anni, cioè quelli che non potevano di fatto più presentare progetti attraverso la GAI (Giovani Artisti Italiani), associazione italiana nata nel 1989 e di cui io stesso feci parte, fino ai 35 anni, appunto. L’idea del mio spazio espositivo, simbolicamente inaugurato il giorno in cui ho compiuto 50 anni, era provocare un corto circuito mentale che facesse riflettere ‘addetti ai lavori’ e non, del mondo dell’arte, grazie a questo semplice ossimoro. L’idea che un giovane artista dopo i 35 anni continua ad esistere come artista solo se nel frattempo la sua carriera è ‘decollata’ (ossia se rientra nei pochissimi ‘eletti’ scelti dal mercato dell’arte contemporanea) la trovo molto triste. Nel mio spazio non voglio comunque assolutamente mettere in discussione le scelte dei curatori e del mercato dell’arte contemporanea ma solo continuare a dare spazio a tutti quegli artisti che, anche se non potranno avere un aiuto ‘istituzionale’ o economico, continuano a portare avanti con coerenza la propria ricerca artistica.
Le mostre che proponete sono varie, dalla videoart alla pittura. Che ricerca porti avanti nel tuo spazio?
L’idea di base è stata da subito quella di creare una collezione da cui attingere per realizzare mostre tematiche. Le opere che avevo a disposizione all’inizio (nel 2013) erano alcune decine, soprattutto quelle di amici artisti, che negli anni avevo ottenuto facendo scambi con mie opere, oppure acquistate per cifre bassissime, in mostre degli anni novanta a cui magari partecipavo io stesso come artista. Sono opere piccole, ma adatte al mio spazio, che è altrettanto piccolo. In seguito molti artisti hanno voluto donare opere alla collezione pur di partecipare alle nuove mostre, anche perché io ho sempre cercato di mantenere un buon livello qualitativo e rappresentativo dell’arte contemporanea. Quattro anni fa però ho anche pensato che se avessi continuato in quel modo avrei mostrato solo opere di artisti italiani, e allora ho cominciato a cercare di diffondere la mia idea provocatoria anche sulla rete, raggiungendo artisti interessantissimi di ogni parte del mondo, che hanno aderito con entusiasmo al mio progetto e con i quali sono diventato in diversi casi anche amico, creando una bella rete di artisti collegati tra loro, che si stimolano a vicenda nelle proprie ricerche, pur vivendo a grandi distanze tra loro o, come nell’ultimo anno e mezzo, distanziati forzatamente. Devo aggiungere, ed è molto importante, che ormai il limite dei 35 anni non è più da me seguito pedissequamente, ed espongo anche molti artisti più giovani.
Cólti in fallo è l’ultimo progetto proposto, che fa parte della serie (S)exhibitions 2020/2021. È un progetto più unico che raro nel panorama artistico romano. Ci racconti di queste mostre? E cosa prevede il futuro prossimo?
Nella mia ricerca artistica personale da più di vent’anni esiste un progetto denominato Tractatus logico-phileroticus, attraverso il quale realizzo opere in cui cerco di capire l’evoluzione umana pervasa dal suo eterno conflitto tra “ragione” ed istinto sessuale. L’universo che si sprigiona attraverso questo scontro è sempre incredibile, come dimostrano le polemiche che scaturiscono ogni volta che si vuole determinare e dire che le persone sono appunto ‘persone’, e che la scelta esistenziale e l’identità sessuale di ogni persona riguarda solo quella persona. Da un paio d’anni ho cercato di trasportare tutto questo anche nelle mostre che realizzo all’OGA, con opere di molti artisti italiani ed internazionali. Lo scorso maggio per esempio ho presentato la collettiva Queer pasticciaccio bello, sulle tematiche LGBTQ. Ne avevo realizzata un’altra sempre su tematiche queer anche nel 2019. Nella seconda metà di maggio ho presentato poi la mostra Di Letti e Castighi, sul BDSM, che è visto malissimo dai ‘benpensanti’, ma che secondo me invece è molto interessante. Innanzitutto perché coinvolge, magari anche solo psicologicamente (ma la parte mentale è la più importante, nel BDSM) una parte di popolazione molto più ampia di quello che si pensa. E poi perché aiuta a riflettere sul fatto che molte dinamiche della nostra vita sociale di tutti i giorni sono basate su rapporti simili, anche se pochi se ne accorgono. La mostra di giugno, dal titolo Cólti in fallo è ancora una volta provocatoria, ma come sempre anche molto ironica, sul fatto che il pene, presenza “scomoda” nelle opere della storia dell’arte, sia accettato si, ma solo in condizione di “riposo”. Per far accettare l’idea della normalità dei nostri corpi proprio in occasione dell’ultima mostra ho iniziato a fare anche delle visite guidate naturiste, che visto il successo proseguirò anche per le prossime. Non chiedo necessariamente che le persone si svestano a loro volta. C’è chi lo fa e chi no, per me non è importante. Quello che mi sta a cuore è cercare di dissacrare tutta l’importanza che diamo al pudore verso il corpo umano. Su questa linea, le prossime due mostre riguarderanno, una i rapporti notoriamente conflittuali e “fantasiosi” tra sessualità e spiritualità, e l’altra il nostro naturale desiderio di “godimento dionisiaco”. Insomma, un campo tematico davvero vastissimo ma fondamentale per vivere positivamente le nostre esistenze su questo pianeta, all’eterna ricerca del piacere e del rapporto etico con ci circonda. Una ricerca infinita certo, ma come può essere infinita d’altra parte l’evoluzione di una specie complessa come la nostra.
Ultima domanda, ci fai un piccolo spoiler del prossimo Rome Art Week?
La mostra che ho pensato per il prossimo RAW a dire il vero forse non sarà della serie (S)exhibitions, ma una doppia personale mia e di un amico artista argentino che vive in Italia da molti anni. Un volo profondo e allo stesso tempo delicato nelle nostre coscienze. Una mostra che ho rimandato più volte tra l’anno scorso e quest’anno, a causa del lockdown intermittente. Anche perché nella stagione 2021/2022 non farò solo mostre sulla sessualità, ma tornerò a cercare di riflettere anche su altro. Ho fatto decine di mostre su molte tematiche negli anni, ma ovviamente appena ti occupi di sesso ti ricordano solo per quello… comunque tutto è ancora da definire!