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Joseph Kosuth: l’arte in parole

Joseph Kosuth è uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale che si basa più sulla sostanza dell’opera che sulla forma.

Kosuth inizia a ridefinire il concetto di arte a partire dagli anni ’60: non era più importante il come fosse creata un’opera ma il perché fosse realizzata; senza un perché dietro all’opera di un artista, secondo Kosuth, non ha importanza il cosa viene realizzato, perché al centro deve esserci l’idea da cui scaturisce la realizzazione concreta dell’opera.

Si arriva così ad una concezione di arte che ha a che fare con i significati ed è poi compito di chi osserva dare forma all’opera attraverso il suo atto visivo; in tal modo dall’idea si arriva alla realizzazione per concludere con l’acquisizione di significato per mezzo del fruitore.

Kosuth considera, quindi, l’opera d’arte come una continua ricerca sul vero linguaggio artistico.

E allora, quale miglior strumento per scandagliare il mondo se non la parola?

Le opere di Kosuth, infatti, si immergono totalmente nel mondo delle parole e  del loro reale significato, dando così modo di ridefinire ciò che osserviamo. 

Con Kosuth l’opera viene definita da chi osserva; eppure non è una mera osservazione quella richiesta al fruitore, ma una forte immedesimazione e un’ottima capacità di concentrazione sul lessico e la filosofia che stanno alla base dell’opera stessa.

Proprio per questo Joseph Kosuth dematerializza l’arte utilizzando quasi solo esclusivamente le definizioni prese dal vocabolario, per “giocare” sulla sottile differenza tra il significato e ciò che dà significato.

Per fare ciò, le opere di Kosuth vengono dematerializzate a tal punto che vengono utilizzati solamente dati concettuali, cioè le parole, attraverso l’uso del neon che è visto come la scrittura, cioè non permanente.

Badate al senso, e le parole andranno a posto per conto proprio. Lewis Carroll

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