A cura di Agnese Della Guerra e Sabrina Spinazzè
Cosa rimane, dopo il taglio? Dopo la frattura, lo strappo?
Ciò che resta è un viaggio attraverso le tracce, le memorie visive, le impronte che lasciamo nel mondo e che il mondo lascia all'interno di noi.
In mostra, le opere di Rebarbus e Simona Gasperini, due artiste romane unite dalla tecnica del collage che sviluppano secondo modalità opposte ma in qualche modo complementari.
ReBarbus lavora con la materia viva delle emozioni. Il suo è un percorso introspettivo all'interno di un corpo ferito e frammentato in cui fotografia, collage e assemblage sono strumenti di indagine, di ascolto, di comprensione e di racconto per dare voce a strappi, mancanze, sovrapposizioni, stratificazioni, ma anche mezzo catartico per liberare, trasformare, rigenerare e ricomporre in una nuova unità.
Di natura del tutto diversa è invece la ricerca di Simona Gasperini in cui il collage si combina con la pittura, il segno grafico, il gesto calligrafico, creando immagini che vivono in una dimensione onirica e aerea, dove frammenti di un passato dimenticato – vecchie lettere, fotografie ossidate, pagine strappate – si ricompongono in un tempo rarefatto e sospeso nel quale si affacciano echi surrealisti e suggestioni di inizio secolo. Misteriose figure femminili dallo sguardo spesso occultato e acrobati senza peso si muovono con grazia nell'impalpabile blu del fondo, mentre l'intervento segnico diventa una sorta di psicografia della memoria.
Tra immanenza e visione, tra radici e cielo, le opere di Rebarbus e Gasperini si confrontano su una stessa domanda:
Cosa resta, davvero, di noi?
Nel gesto del collage c’è resistenza, eternità, ma anche cura. Un modo per trattenere ciò che resta.
E non perderlo.
Sabrina Spinazzè
