SERGIO DI PAOLA "NVMINA" | 20-25 Ott 2025 | Rome Art Week

SERGIO DI PAOLA "NVMINA"

La forma del classico corrosa dal tempo e trasformata in fili di memoria, plasma - nelle chine di Sergio Di Paola - un semplice corpo nell'iconografia del sacro.

“NVMINA” è un’espressione antica, arcaica, di inaudita potenza. È la presenza del divino che risuona e sconvolge la normalità e la regolarità dei ritmi del mondo. Precede la forma fisica del sacro, che solo successivamente diventerà antropomorfo, conoscibile, descrivibile. Sergio Di Paola, artista fortemente radicato nella linfa lilibetana della sua Marsala, usa la parola per dare alla mostra il senso e il segno per scuotere chi guarda. Il tratto della china, infatti, è continuo e concettuale: appartiene a chi possiede mentalmente il risultato della propria creazione, ancor prima di tracciarla.

Sono indiscutibilmente dei corpi che ci appartengono visceralmente. Cosa hanno di antico oltre i nomi delle singole divinità (Numina appunto, plurale di Nume) da sentirli dentro di noi più che immaginarli innanzi ai nostri occhi di odierni spettatori? Sergio Di Paola studia attentamente il mito, ma non si esprime da archeologo, da filologo, da appassionato di un mondo classico quasi perduto; l’artista lo rivive intimamente e quotidianamente, seguendo un procedimento di tipizzazione che già gli antichi avevano percorso nell’antropomorfizzare i propri dei.

Il suo occhio si posa sui corpi attuali attraverso il filtro iconografico del classicismo, che prende tanto dalle collezioni archeologiche quanto dai richiami del Rinascimento; quest’ultimo in omaggio alla prestigiosa sede espositiva della mostra: il giardino d’inverno di palazzo Tittoni. E’ l’esempio di perfetto connubio tra il rigore compositivo dell’architetto Carlo Fontana e il desiderio di continuità con l’antico tipico dei grandi collezionisti e dei creatori di magnifici antiquaria.

Sergio Di Paola fa rivivere un passato mai sopito nelle membra della modernità. Contemporaneo è il segno, nervosamente fluido, sicuro e coinvolgente. Non vi è tratteggio, chiaroscuro, ombra propria o proiettata. La trama labirintica della linea si addensa e si contrae per evocare lo scorcio, per suggerire la massa, il perdersi del volume nell’oscurità del tempo. La rara capacità di ripercorrere i profili anatomici, il susseguirsi di sezioni che brillano di una trasparente luminosità, cristallizzate, algide, racchiuse in una capsula visiva quasi astratta, fissano istanti per trasformarli in medaglioni senza tempo.

I corpi sopravvivono solo per le parti necessarie, non sono mutilate ma ridotte al senso più profondo: ciò che rimane condensa ed esprime l’intero significato, una lezione compositiva che crea un ponte diretto con la secessione viennese e i disegni di Schiele. Nudi senza età, nel fiore degli anni, adorni solo dei propri attributi identitari, i soggetti di “NVMINA” non cercano il rito, bensì l’Olimpo, la loro propria natura.

L’artista li ha riuniti in tre grandi epifanie: quella del rosso turbinoso, in cui il colore diventa materia che scolpisce per campiture piatte la veemenza e la frenesia del mito. La genealogia del sole, in cui il pigmento resta confinato nella circolarità del disco celeste identificandosi simbolicamente con il divino. Altre opere, infine, sono liberamente ispirate alle raffigurazioni misteriche della Basilica ipogea di Porta maggiore, dove il blu intenso trasporta in uno spazio mentale riflessivo, ancora vivo nonostante lo scorrere dei secoli.

Assolutamente contemporanea è la lettura delle singole vicende, vissute non come forze cosmiche ma nella loro evidente capacità di generare archetipi psicologici e comportamentali che trovano nel variegato universo umano la propria forma fisica più adatta. Così abbiamo non solo l’evidenza e il sembiante ma anche il moto interiore, il sommovimento dell’anima che squassa l’intero essere e - per l’estasi o per il dolore - lo torce o lo chiude, lo dimena o lo avvampa.

L’artista si pone un limite, volontario e raffinato: non cede all’espressionismo, alla distorsione per trasmettere lo strazio e il gemito. Questa scelta, che mantiene tutte le sue opere in uno spazio senza tempo, è l’arma vincente dell’intera esposizione. I “NVMINA” non sono esseri umani titanizzati, non si lasciano prendere dalla teatralità del nostro dolore. Vivono le proprie tragiche o gloriose vicende con serenità, in una maniera assolutamente diversa, divina appunto, che ne mantiene intatta la sacralità.

Massimiliano Reggiani 

 

 

COMUNICATO STAMPA

La mostra “NVMINA" Il palpito del passato, le radici dell’identità, a cura di Massimiliano Reggiani, presenta venticinque opere in china su carta di Sergio di Paola e si inserisce nel ricco programma ufficiale della Rome Art Week 2025.

Allestita nel giardino d’inverno del prestigioso Palazzo Tittoni, costruito sul finire del Cinquecento sui vigneti del cardinal Grimani e successivamente ampliato per incarico conferito all’architetto Carlo Fontana, l’esposizione nasce come un percorso di ricerca che intreccia mito, simbolo e memoria, con l’intento di esplorare le radici dell’identità collettiva.

Date e orari

Visite: 20–25 ottobre 2025, su prenotazione, dalle 17.00 alle 19.00

L’esposizione si sviluppa in tre cicli tematici, concepiti come momenti di un viaggio che attraversa l’immaginario arcaico rielaborato in chiave contemporanea:

• Il Dionisiaco: composto da figure legate a Dioniso e al suo serraglio mitico, caratterizzate da contrasti di rosso e nero, dove l’ebbrezza e l’istinto si rivelano come pulsioni viscerali insite nell’anima umana;

• La Genealogia del sole: che consta di figure dominate dalla presenza e della riproposizione dell’emblema del disco solare latore di ciclicità, eternità, luce e connessione tra la sfera terrena e quella cosmica;

• Il ciclo degli stucchi della Basilica sotterranea di Porta Maggiore: una rilettura personale dell’artista di quelle immagini misteriche, restituita attraverso un linguaggio dominato dal blu e dal nero, in equilibrio tra rigore e tensione visionaria.

 

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