Open Studio Francesco Campese

Francesco Campese, Dopo l'Ultima Cena, 2015

Francesco Campese, Dopo l'Ultima Cena, 2015


Etere. Open studio di Francesco Campese

Sabato 20 ottobre, dalle ore 18.00, inaugura Spazio Urano, un luogo di incontro per artisti e appassionati nel cuore del Pigneto e sede dello studio del giovane pittore Francesco Campese.

La mission di Urano sarà quella di unire diverse attività culturali e didattiche, organizzando mostre, laboratori di pittura, workshop multidisciplinari ed eventi.

In occasione dell’inaugurazione verranno esposti una selezione dei principali lavori di Francesco Campese, in cui i veri protagonisti sono l’architettura e il paesaggio, insieme al Tempo, alla caducità delle cose e alla storia sepolta sotto sedimenti di materia, costanti punti di riflessione nella sua evoluzione artistica.

Il termine “etere” accompagna da alcuni anni le indagini di Campese. Le velature, stratificazioni di colore elaborate lentamente sulla tela come un antico alchimista, contraddistinguono la sua cifra stilistica nel tentativo di raggiungere quell’ipotetica sostanza, dilatata e imponderabile, che alimenta la quintessenza del cosmo. Secondo gli antichi, infatti, l’etere è la parte più alta, pura e luminosa dello spazio, oltre il limite dell'atmosfera terrestre.

In una cospicua serie di lavori Francesco Campese “erige” misteriose strutture architettoniche secondo un personale linguaggio contemporaneo che ha anche un sapore antico, memore dell’insegnamento dei Maestri del Trecento e del Quattrocento, delle leggi della prospettiva rinascimentale e delle atmosfere sospese della Metafisica e del Realismo magico. Non lo nasconde lo stesso Campese: «guardo con molto interesse maestri del passato come Giotto e le sue architetture "surrealiste", le atmosfere di Piero della Francesca, la minuziosa e raffinata pittura di Antonello da Messina. Mi affascina la Metafisica di de Chirico, la plasticità e sensibilità delle nature morte di Giorgio Morandi, i scenari soleggiati di Edward Hopper», afferma l’artista.

In questi lavori il richiamo ai modelli del passato è esplicito nei titoli, nella struttura compositiva proposta e nelle suggestioni ricreate. In alcuni casi si tratta di un vero e proprio omaggio, come in Studio di San Girolamo, dove la rappresentazione architettonica è un chiaro tributo all’omonima opera di Antonello da Messina; manca la figura del santo seduto nel suo studio e gli oggetti che lo caratterizzavano, ma la riproposizione geometrica dello spazio, gli archi, le colonne e le finestre in alto possono rivelare, a un attento osservatore, un antico riferimento ancora attuale.

Ugualmente, in Dopo l’Annunciazione, Campese spoglia l’ambiente dei suoi protagonisti e propone il noto episodio sacro realizzato da Beato Angelico sotto una struttura con volte a crociera. Non c’è l’Arcangelo Gabriele né la figura della Vergine, tuttavia la monastica struttura sembra “bastare” a se stessa per inscenare un episodio biblico ormai consolidato dalla rappresentazione di molti grandi artisti del passato. Campese ritrae l'attimo dopo l'annuncio, il momento in cui tutto è già stato svelato. Resta una vuota scenografia architettonica, luogo in cui l'apice dell'evento è già accaduto e dove si prefigurano avvenimenti futuri.

L’architettura diventa l’unica interprete possibile e attraverso essa Campese colpisce il pubblico nell’immediato processo di riconoscimento di una scena senza “attori”; è il linguaggio, il canone stabilito che utilizza a “parlare” e a rappresentare la storia senza il bisogno di ricorrere alla figurazione. «Vado a sottrarre gli elementi per me superflui compresa la figura umana. Il soggetto diventa l’architettura stessa, la luce e l’ombra evocano lo spazio e l’inarrestabile scorrere del tempo, uno spazio in cui l’assenza evoca la presenza. Penso sia la pittura a indagare e cercare di scoprire un'origine, come un archeologo che riporta alla luce i resti di una civiltà passata», dichiara.

Interessante anche la serie di paesaggi dove fonte d’ispirazione è la realtà visibile. «Oggi, dopo infinite sperimentazioni, la mia ricerca si è concentrata sull’aspetto intrinseco della pittura; il soggetto è diventato poco importante rispetto alla resa pittorica e alla ricerca della qualità della superficie. La ricerca sull'aspetto pittorico come materia che va al di la del soggetto mi fa sentire libero di poter dipingere qualsiasi cosa», afferma l’artista.

Campese si è avvicinato al paesaggio nel 2015 quando ha dovuto lasciare Roma e tornare per un periodo nel luogo dove è cresciuto. Nelle sue opere ha iniziato a tradurre, attraverso velature di colore, le atmosfere uggiose della mattina o la foschia all'orizzonte che si intravede dal suo terrazzo:

«La mia pittura ha a che fare con la realtà, cerco di tradurre un'atmosfera, una trasparenza, un contrasto osservabile attraverso la materia pittorica. Le velature, tecnica che uso spesso, sovrapposte ad una bozza ben contrastata, possono essere paragonate alla densità dell'aria che si interpone tra l'occhio dell'osservatore e l'oggetto osservato».

E proprio attraverso questa continuata stratificazione di materia pittorica Campese mira verso l’inconsistente, inconoscibile e inafferrabile etere, senza la presunzione di sapere quale sarà la sua meta.

Spazio Urano aderisce alla manifestazione di Rome Art Week, dal 22 al 27 ottobre 2018: open studio di Francesco Campese a cura di Simona Pandolfi.