Open Studio Carlo D'Orta

Mostra bipersonale <> di Carlo D'Orta e Sergio Ceccarani. Fotografie d'arte astratte di Carlo D'Orta e dipinti di astrazione informale e di figurazione metafisica di Sergio Ceccarani

Carlo D’Orta è un artista/fotografo. Usa cioè la macchina fotografica non per documentare, ma per estrarre dalla realtà immagini pittoriche che esistono davvero, ma quasi mai sappiamo vedere.

I suoi soggetti principali sono le architetture. Guardando le architetture si concentra sulle combinazioni di linee e forme che creano immagini di astrazione geometrica, e sui riflessi delle vetrate che creano immagini futuriste, surrealiste e astratte. 

Per spiegare il proprio modo di guardare e fotografare, Carlo D’Orta si richiama alle frasi di tre grandi uomini di cultura:

“Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera, è necessario mostrargli oggetti quotidiani e familiari da prospettive, situazioni e angolazioni totalmente diverse” (Aleksnadr M. Rodchenko)

“Il viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” (Marcel Proust)

“La fotografia creativa non deve riprodurre, ma interpretare rendendo visibile l’invisibile” (Franco Fontana)

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L’arte di Sergio Ceccarani ci trasporta in un altrove utopico, verso mondi lontani, tra le stelle. Un universo di forme, materiali e colori che traduce la vastità del suo animo, sempre alla ricerca di nuove forme espressive. 

Durante la sua attività artistica, la sua producione del figurativo ha teso sempre di più verso la riduzione della forma fino alla linea. Un percorso che traduce un affa E’ vero, come dice Yourcenar, che la musica è il mistero del silenzio che anela alla vita. La forza espressiva della musica crea una sorta di ritualità iniziatica, che accoglie l’esecutore come l’ascoltatore in una condizione di astrazione rigenerante. L’artista di strada suona il violino mentre tutto intorno la fredda metropoli si tramuta nel caldo paesaggio interiore di una primavera celebrata dalla simbolica danza della vita. Un percorso che si traduce in un affascinante viaggio introspettivo.

E’ vero, come dice Yourcenar, che la musica è il mistero del silenzio che anela alla vita. La forza espressiva della musica crea una sorta di ritualità iniziatica, che accoglie l’esecutore come l’ascoltatore in una condizione di astrazione rigenerante. L’artista di strada suona il violino mentre tutto intorno la fredda metropoli si tramuta nel caldo paesaggio interiore di una primavera celebrata dalla simbolica danza della vita. 

 

 

 

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