Stable Exhibit Medina Art Gallery

Fabio Cicuto - Elvino Motti - Alessandro Trani

“Vogliamo riportare al centro il movimento, il confronto”, dice Palma Costabile, architetto, che nel 2016 fonda una contemporary art gallery dove protagonisti del settore giocano con l’interior design minimal, il quale a sua volta scherza con il fermento che caratterizza il cuore del centro di Roma.

Le gallerie si sviluppano nel corso degli anni fino a costituire un vero e proprio art district capitolino: Via Angelo Poliziano 4-6, 28, 32-34, 36 e Via Merulana 220. Fino alla costruzione, nel Settembre 2023, di un link che amplia lo scope fino ai Castelli Romani con la gallery di Monte Porzio Catone, gestita, diretta e curata da Valeria Rufini Ferranti. Così, il gruppo Medina Art Gallery è oggi spazio di scoperta attraverso esposizioni, mostre, installazioni e vernissage di pittori, scultori, fotografi, designer.

Nell’ecosistema, di fondamentale importanza è il lavoro duraturo nel percorso di crescita reciproca con alcuni artisti: un lavoro strutturato, profondo, strategico e ad ampio spettro. Punto cardine di tale percorso è l’esposizione permanente nella galleria di Via Angelo Poliziano 28, con i paesaggi onirico-marini di Alessandro Trani, le tracce in continuo mutamento di Fabio Cicuto e le sculture sinuose di Elvino Motti.

“Amo dipingere nature incontaminate e il mio elemento prediletto è il mare, occasione di viaggio e riflessione”: Alessandro Trani cresce nelle importanti associazioni capitoline “Cento pittori di Via Margutta” e “Art Studio Tre”. Dal 2006 presenta le opere ad olio della serie “i mari di Trani” per evolvere poi nel 2015 in una tecnica mista che sviluppa la serie “Alfa, Omega e i paradisi primordiali”. 

L’artista raffigura un mondo sospeso tra realtà e immaginazione. I paesaggi non hanno luogo né tempo, l’orizzonte è sospeso tra cielo e terra. La straordinaria capacità di utilizzare il colore con estrema naturalezza proietta l’opera verso diversi livelli di lettura, per interagire con l’universo onirico. Il mare, nelle sue infinite sfumature, sfugge alla rappresentazione per proiettarsi in un mondo che non ha bisogno d’essere visto, ma sentito. I sentimenti dipinti si fondono sulla tela e dissolvono il confine tra realtà e sogno. Rosa, azzurro e bianco sono strumenti per trasportare lo spettatore in un presente pacifico, lungo scenari di viaggi interiori verso la ricerca dell’infinito. La libertà generata, la luce di un mare che vive nei ricordi e nell’immaginazione, inducono al sentire profondo. Ed il trasporto emotivo allontana dalla quotidianità caotica focalizzando armonia. Ancora. Le rappresentazioni visionarie e l’uso delicato del pennello generano una pittura leggera, in grado d’interagire con la complessità della psiche umana. Una pittura simbolista, dove ogni pennellata rimanda a un'altra. Il dialogo tra mare e cielo, che liberi si perdono nei meandri dell’illimitato, innesca un vortice emotivo nel quale perdersi.

“Le mie opere - racconta Fabio Cicuto - cercano di materializzare un déjà-vu, una sorta di emozione inaspettata, una realtà poetica come la visione di un innamoramento, come se tutto fosse già successo, ma dovesse ancora accadere e anche l’ultima goccia di catrame va ad inserirsi nel posto giusto”: artista e musicista, dopo un’intensa attività musicale negli anni Ottanta e Novanta tra Roma e Londra, si affaccia al mondo dell’Arte con le espressioni del finito e della psiche umana, protagoniste del suo lavoro. Pubblicato in molti importanti progetti editoriali, rassegne nazionali ed eventi internazionali, partecipa a Expo Milano 2015, espone al Chiostro del Bramante e le sue opere sono presenti nelle mostre di tutto il mondo al fianco di Mario Schifano, Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Shepard Fairey ed altri maestri del Novecento e dell’Arte Contemporanea.

L’arte di Fabio Cicuto studia la psiche umana, il catrame che si fonde con i segni del vissuto rimanda alle profondità dell’anima e alle micro-finitezze dell'inconscio. La frammentarietà dell’individuo e la precarietà emotiva della realtà contemporanea iper-dinamica e liquida sono curate dalle tele di Cicuto che, raggiungendo il territorio della psicoanalisi, stimola nel pubblico l’esperienza dell’incontro con il proprio io interiore. Le tracce del catrame sono lacerate, interrotte dal bianco. La complessità dell’anima lungo un percorso di simboli: numi tutelari a protezione della fragilità umana. La contemplazione delle opere delinea un racconto che svela le parti più vellutate e nascoste che la quotidianità contemporanea soffoca nell’apparenza di una luce artificiale.

Il piano introspettivo su cui si sviluppa la storia che narra l’artista, delinea un linguaggio che parla attraverso la gestualità delle emozioni. Attraverso l’uso discontinuo del catrame che dialoga con superficie bianca, le forme raccontano lo “sporcarsi” necessario per poter accedere alla parte più vulnerabile della mente. L’universo di emozioni, ricordi, suggestioni, evoca un vissuto a cui aggrapparsi per potersi riconoscere. La ricerca di equilibrio e la frenesia di una realtà alienante viaggiano fino a incontrarsi in un’Arte basata sulla potenza della materia. Proprio la matericità proietta Cicuto nel mondo dell’informale, dove la veemenza del gesto e l’ambiguità del linguaggio rimandano a una pluralità di significati. E dunque l’arte, attraverso l’uso della materia, scioglie nodi irrisolti e si intende direttamente con le sensazioni del pubblico.

Fonde arte e natura, Elvino Motti: nella meravigliosa cornice del Lago di Como, lavora al progetto di “scultura del territorio”. Studia all'Istituto d’Arte di Cantù e all'Accademia di Belle arti di Brera. Perfezionate le tecniche scultoree, già dal 1975 ottiene i primi riconoscimenti al Premio internazionale d’Arte contemporanea “Artisti Oggi” a Milano ed espone in numerose località italiane ed estere: dagli Stati Uniti a Dubai, da Londra a Dubrovnik. Ha realizzato varie installazioni “Landscape”, valorizzando prestigiosi spazi pubblici italiani.

La sua arte scultorea mette al centro l’elemento tattile. I materiali, dal marmo nero di Varenna all’alabastro fino al metacrilato, esaltano le proprietà dell’opera: giochi di luci evidenziano le trasparenze delle sculture, come fosse possibile distinguerne l’anima. E l’opera diventa dinamica, quasi a scomporsi per poi essere ricostruita e re-interpretata dal pubblico in modo sempre nuovo.

L’arte di Motti è animata, ombre e luci creano un gioco dialettico. Le figure geometriche si offrono non solo nell’esteriorità, ma nella propria essenza intrinseca: lo spirito che riesce a generare un’energia intima in grado di sfuggire alla fredda logica. La scultura si offre totalmente, rendendosi oltre che un corpo, un’anima. La sinuosità degli elementi produce effetti ottici mutevoli, a seconda del punto di vista, così che le forme appaiano per poi svanire, creando allo stesso tempo un effetto di ascesa e stupore continuo.

Organizzatori

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