Hèctor Vargas-Salazar: Íncubo en la via Appia

Grafica messicana contemporanea

Per questa edizione di RAW ArtSharing Roma ha deciso di ospitare un artista messicano, molto noto anche in Europa nonostante la sua giovane età, creando così un’occasione di scambio tra due culture e continenti.

Íncubo en la via Appia è un progetto site specific, che raccoglie opere grafiche con diversi media, di cui una buona parte realizzate per l’occasione.

Il tema è quello di una visione orrorifica portata alla luce del sole della città di Roma: un soggetto che ha radici antiche, giacché fin dall’epoca di Piranesi furono introdotte nelle visioni delle rovine delle distorsioni inquietanti che rinnovarono la fortuna della nostra città negli amanti del Grand Tour sostenitori del nuovo genere del Gothic.

Non è un caso che il Castello d’Otranto, di Horace Walpole, fu scritto nel 1764 ispirandosi alle Carceri di Piranesi.

Un viaggio iniziato nel XVIII secolo e che va dal Sublime all’Inconscio: ecco, dunque, che le figure mostruose e visivamente violente di Hèctor Vargas affondano le loro radici nel Surrealismo e, soprattutto, in quella speciale declinazione nata in Messico fin dagli anni Trenta e che ha trovato alcuni dei principali esponenti in artisti come Leonora Carrington e José Luis Cuevas.

La morte, gli spiriti e gli esseri mostruosi acquisiscono nella cultura tradizionale messicana un ruolo tutto speciale, con riti collettivi difficili da comprendere a fondo per noi che siamo al di qua dell’Oceano: una sorta di sfida all’ignoto, al demoniaco e alle paure ancestrali, una convivenza sfrontata fra la tradizione locale pre-coloniale e il cattolicesimo importato e imposto dal XVI secolo.

Un immaginifico che non ha mai perso la sua forza, rinnovandosi anzi nelle istanze del XXI secolo e anche adottando recentemente formule visive prossime al fumetto e all’illustrazione.

I personaggi da incubo di Hèctor Vargas sono i mostri della società contemporanea, dove – come lui stesso afferma – sotto l’apparenza sofisticata dell’Occidente capitalista, siamo ancora guidati dalle stesse pulsioni di aggressività vitale delle origini dell’umanità. Pulsioni tanto più inquietanti e destabilizzanti quanto sono ipocritamente rivestite, cercando di addomesticarle per renderle socialmente accettabili.

Come egli stesso spiega, la mostra ci propone “esseri da incubo che si manifestano nella Città Eterna attraverso la visione di un artista messicano che, per la sua condizione territoriale, storica e coloniale, è anche latino.

Organizzatori
Artisti
Curatori

To top