SQUARE | 24-30 Ott 2025 | Rome Art Week

SQUARE

Evento espositivo del Collettivo Isole9

Il collettivo Isole9, formato da Giuliana Paolucci e Luana Romano, presenta una nuova tappa del proprio percorso artistico con la mostra Square, un progetto nato da una riflessione condivisa e stratificata intorno a un concetto tanto semplice quanto evocativo. Il titolo dell’esposizione non è soltanto un richiamo formale, ma si fa immediatamente nodo semantico e simbolico da cui si diramano due traiettorie interpretative fondamentali: da un lato, square come piazza, luogo di incontro, attraversamento, memoria e presenza; dall’altro, square come forma geometrica, il quadrato, figura dalla stabilità apparente, ma densa di tensioni e possibilità compositive. È proprio da questa duplice direttrice – spaziale e visiva, concettuale e formale – che prende forma l’incontro artistico tra Giuliana Paolucci e Luana Romano. Un incontro che non rinuncia alle singole identità e poetiche individuali, ma che si sviluppa in una dimensione dialogica, resa possibile e potenziata dalla struttura del collettivo Isole9. Le opere in mostra non sono quindi semplici affiancamenti, ma momenti di riflessione incrociata, spazi dove lo sguardo di una si riflette e si moltiplica in quello dell’altra.

Attraverso materiali, tecniche e sensibilità differenti, le due artiste interrogano il concetto di square come luogo della relazione e della forma, come campo di tensione tra ordine e disordine, presenza e vuoto, individuale e collettivo. Lo spettatore è invitato non solo a osservare, ma a percorrere queste opere come si percorre una piazza: sostando, incrociando tracce, perdendosi nei dettagli, trovando nella forma quadrata una struttura che non chiude, ma apre. In questo nuovo progetto, Isole9 si conferma come un territorio fertile di confronto, dove il confine tra le singole ricerche si fa poroso, e dove il pensiero visivo si traduce in un invito alla riflessione sullo spazio – fisico e mentale – che abitiamo.

 

All’interno di questo dialogo a due voci che costituisce il cuore pulsante del collettivo Isole9, la ricerca di Giuliana Paolucci si articola in una pittura evocativa, vibrante, capace di trasformare lo spazio della tela in un luogo di incontro. Per Paolucci, la piazza non è mai soltanto una forma architettonica, ma un concetto espanso, un’idea mobile di socialità e relazione. Nelle sue opere, ogni luogo può farsi piazza: un teatro, un fondale marino, una festa, un attimo condiviso. È in questi spazi — reali o immaginati — che prende forma la sua visione pittorica, fatta di colore, di ritmo, di risonanze emotive. La sua pittura si sviluppa come una partitura visiva in cui suono, musica e movimento si intrecciano e si traducono in materia pittorica. Il colore non è mai statico, ma sempre in trasformazione, portatore di un’energia interna che genera dinamismo. Le sfumature e le tonalità, sapientemente sovrapposte o spezzate, costruiscono scene animate di attimi, come se la tela potesse trattenere il battito di ciò che è appena accaduto o sta per accadere. È un linguaggio che si muove tra astrazione e figurazione, dove il confine si fa liquido, aprendo varchi all’immaginazione e alla memoria. Nei lavori di Giuliana, ogni quadro è una narrazione visiva che si compie nel colore: storie fatte di presenze, ombre, luci, suggestioni sonore. La piazza, dunque, è anche una condizione emotiva, uno spazio dove le persone e le emozioni si incontrano, si sfiorano, si ascoltano. In questo senso, il suo lavoro diventa un invito a rallentare lo sguardo, a sostare, a farsi coinvolgere da una pittura che, più che rappresentare, interpreta e rievoca.

Con questo approccio sensibile e stratificato, Giuliana Paolucci costruisce luoghi aperti, accoglienti, in cui il vissuto individuale si intreccia con l’esperienza collettiva. La sua idea di square è un luogo dove il tempo non è lineare, ma si addensa in frammenti di memoria, in gesti condivisi, in vibrazioni cromatiche che creano — nell’incontro — lo spazio stesso dell’opera.

 

 

Se questo è il percorso costruito da Giuliana Paolucci, fatto di luoghi che si aprono alla relazione e al movimento emotivo del colore, dall’altra parte Luana Romano si fa interprete di un linguaggio altrettanto denso, ma diverso, più vicino a una forma di riflessione strutturale sull’immagine e sulla sua costruzione narrativa.

Tutto inizia dal suo archivio fotografico: un insieme vivo di scatti che, più che documentare, diventano scintilla generativa, prima spinta visiva da cui si apre il processo creativo. Per Luana, la fotografia non è mai punto di arrivo, ma bozzetto, matrice che si dissolve per lasciare spazio alla pittura. La sua è una pratica frenetica ma accurata, in cui il gesto conserva un’urgenza espressiva, ma è anche guidato da un rigore visivo, da una necessità interiore che esige coerenza e profondità.

Fondamentale nel suo lavoro è il processo di sottrazione: ciò che viene tolto dalla scena ha lo stesso peso di ciò che rimane. Ogni assenza racconta. Questa messa in scena ridotta all’essenziale è il risultato di un lento percorso di narrazione, dove ogni forma, luce o colore è portatrice di significato. Luana Romano lavora per variazioni: declina lo stesso tema nei modi e nei tempi del colore, del chiaroscuro, della materia. Le sue opere si configurano come vere e proprie architetture sceniche, dove lo spazio pittorico assume i tratti di un palcoscenico essenziale, calibrato, in cui ogni elemento è scelto e posizionato con una precisa intenzione drammaturgica. Luana Romano compone i suoi lavori come si costruisce una scena teatrale: attraverso un delicato equilibrio tra pieni e vuoti, tra presenza e silenzio, tra ciò che appare e ciò che resta nell’ombra.

Il quadro diventa così un luogo di attesa e di apparizione, in cui la forma si carica di tensione narrativa e lo spettatore si ritrova nel ruolo di osservatore silenzioso, davanti a una scena che sembra sul punto di accadere o appena accaduta. Le sue immagini non illustrano, ma mettono in scena, suggeriscono piuttosto che descrivere, lasciando che la forza evocativa di luci, volumi e cromie costruisca un’atmosfera sospesa, intensa, sempre carica di potenziale.

Proprio come a teatro, ciò che accade fuori campo è importante quanto ciò che viene mostrato. Il vuoto non è assenza, ma spazio di risonanza emotiva; la luce non è solo illuminazione, ma voce che scolpisce la forma e le dà significato. In questa prospettiva, la pittura di Luana diventa azione scenica, un atto di regia visiva dove ogni dettaglio è parte di una drammaturgia complessa, poetica, profondamente sensibile. Da volumi iniziali emergono scene trasfigurate, dove le macchie di colore si fanno racconto, tracce che parlano oltre la forma. In questo contesto, Square diventa per Luana Romano un pretesto, un terreno su cui interrogarsi più che rappresentare. Il quadrato, lo spazio delimitato, si apre così a nuove possibilità di senso, diventando filo conduttore di una ricerca che scava nel visibile e nell’invisibile. Le sue opere possiedono un ritmo interno, una melodia visiva che vibra oltre la pittura stessa. La pittura si fa voce, e il suo obiettivo sembra essere una sinestesia totale, in cui ogni elemento concorre a costruire un’esperienza percettiva immersiva. L’atmosfera che ne scaturisce è fondamentale: non si guarda semplicemente un dipinto, ma si entra in uno spazio carico di tensione emotiva, silenzioso ma eloquente, in cui lo spettatore è chiamato a sostare, a cercare un senso, a lasciarsi attraversare.

 

In questo dialogo intenso e sfumato tra Giuliana Paolucci e Luana Romano, Square non è soltanto un titolo, ma si trasforma in una soglia condivisa, un territorio comune dove le rispettive visioni si incontrano, si sfiorano, a volte si distanziano per poi tornare a sovrapporsi come due voci in contrappunto. È uno spazio vivo, in costante trasformazione, che non pretende di definire ma piuttosto di accogliere, di ospitare la pluralità dei linguaggi, delle emozioni, dei tempi.

Come un’isola al centro di una corrente, Square diventa il luogo dove le forme si ascoltano, dove i colori si rispondono come echi lontani, dove i silenzi di una scena trovano il proprio riflesso nei gesti fluidi di una piazza. Le opere non si spiegano, ma si offrono, come frammenti di un racconto polifonico, aperto, mai concluso, che chiede allo spettatore di abitare quello spazio con uno sguardo attento e sensibile.

Qui, il quadrato non delimita, ma contiene e rilancia. È cornice e palcoscenico, finestra e soglia. È una forma che vibra, che raccoglie il battito delle immagini, il ritmo di una memoria che si fa presente, il suono lieve del colore che si trasforma in voce. In questo incrocio poetico tra due ricerche autonome ma profondamente connesse, Square si fa esperienza sensibile, melodia visiva, invito a perdersi e a ritrovarsi nel movimento silenzioso dell’arte.

 

Dott. Roberto Sottile

Critico d'Arte

Direttore Polo Culturale Città di Rende (CS)

Direttore Artistico Centro Studi Arte – Bologna

Organizzatori
Artisti
Strutture
Curatori

To top