la case de' 7 lire

Pietralata e l'evoluzione della borgata delle case da 7 lire

“le case de 7 lire”

 A Pietralata le baracche a 7 lire !!!! Ecco il valore di un tetto sopra la testa nella Roma del’35, nella Roma delle borgate che in quegli anni venivano gestite dall’allora governo in carica attraverso l’IFACP.

Per una serie di vicissitudini storiche/economiche, la gestione delle abitazioni che a Pietralata venivano definite come “baracche in muratura” passò dalle mani del Governatorato a quelle dell’IFACP che stabilì, nel ’35, un affitto pari a sette lire sulle “baracche in muratura” che invece dal 1919 erano state date in uso gratuito.  Da quel momento le “baracche” ufficiali di Pietralata , come di altre borgate, vennero  comunemente chiamate “le case de 7 lire”.

Ed è in e con questo contesto che Pasolini ci racconta la borgata romana, lui che l’ha vissuta tanto intensamente, attraverso romanzi, poesie, film.

Il romanzo “Una vita violenta” è quello che tratteggia meglio di altri Pietralata, proprio perché ambientato totalmente qui; vi si narra delle esperienze di Tommasino, delineando quelle che erano, allora, le caratteristiche caratteriali e fisiche dei ragazzi e ragazze di borgata, ma anche le caratteristiche urbanistiche di questo luogo. Pasolini ci restituisce una “fotografia” antropologica delle persone e dei luoghi.

 E oggi ci troviamo a raccontare, con gli artisti presenti in mostra, la nuova realtà di Pietralata declinata attingendo a diverse forme artistiche, dall’installazione di Antonio Virzi, alle fotografie di Marco Bianchi, Francesca Pes e Emanuela Secci.

 Antonio Virzi della sua opera scrive:

Il progetto raccoglie frammenti di percezioni storiche del passaggio di Pasolini nel quartiere di Pietralata, e quindi il destino storico dell’uomo e della sua mondanità (uomo nel mondo) in questo luogo/non luogo in perenne contrapposizione tra una società rurale ormai perduta ed una società moderna affiorante, critica nei  suoi declini annunciati ma con sempre presente l’elemento umano che lotta  per mantenere la sua essenza, anche nella disperazione. Percezione e senso di  una memoria collettiva vissuta con i danni e le illusioni della sua trasformazione

 

E il concetto di una “società moderna affiorante” è l’anello che congiunge tutti i lavori fotografici all’opera di Virzi.

 

Bianchi, Pes, Secci raccontano proprio la trasformazione ormai avvenuta verso una società moderna.

 Anch’essi per la natura del messaggio che hanno deciso di trasmetterci e condividerci, possono far parte del filone di quella che potremo chiamare "fotografia sociale" quando, con questa definizione, intendiamo una fotografia che vede e traccia le grandi modificazioni in atto nella realtà e nella società  in cui viviamo. Immagini di un paesaggio fisico che diventa paesaggio sociale.

 

Per tutti gli artisti si è trattato di un lento andare per le vie di Pietralata con uno sguardo volto a scoprire questi luoghi, con un approccio attento a evitare i luoghi comuni con cui questi contesti urbani vengono troppe volte rappresentati, preferendo una visione nuova e coinvolgente che si muove tra colori, volumi, spazi e strutture a rappresentare quell’umanità non visibile ma assoluta protagonista dei luoghi.

 

Mentre il lavoro di Virzi si sviluppa in un percorso di sperimentazione e ricerca degli ambiti della dialettica negativa e di quel complesso di conoscenze filosofiche condizionate dalla storia e dalla contrapposizione del pensiero concettuale esteso anche all'alchimia, la Kabbalah, l'esegesi dei testi sacri e la psicologia, I

lavori di Bianchi, Pes e Secci attingono alla lunga tradizione documentaristica del e sul paesaggio urbano, volendo citare un Michael Schmidt, che con le sue opere realizzate negli anni 80/90, volge la sua attenzione agli spazi offerti dallo scenario urbano con una narrativa astratta volta a cogliere dettagli e tracce della metropoli solo in apparenza inespressivi, dove ciò che interessa è la metafora della condizione: cemento, graffiti, porzioni di vegetazione.

Passando poi a due grandissimi fotografi quali Robert Frank e Lee Friedlander che dal paesaggio partono per portarci a parlare e pensare all’essere umano e alle mutazioni che oggi vive e che si riverberano nell’ambiente che sta plasmando con i suoi segni/disegni, murales e, talvolta, la sua non-cura dello spazio che abita.

 

Cercando il significato del termine borgata si trova scritto:

s. f. [der. di borgo]. – 1. Centro abitato di piccole dimensioni (di norma allungato ai lati d’una strada o riunito a un incontro di strade), connesso con zone a base economica essenzialmente rurale, di cui costituisce il centro di raccolta più o meno elementare. 2. In alcune grandi città (Roma, Milano), aggruppamento organico di edifici d’abitazione in una località suburbana ma senza stretto rapporto di continuità, almeno in origine, con gli stessi quartieri periferici della città di cui pure fa amministrativamente parte.”

 

Vedendo queste opere scopriamo di una borgata non più identificabile dalla definizione sopra enunciata, scopriamo oggi, dopo circa 80 anni ed un ricambio generazionale di almeno quattro se non cinque generazioni, l’edificazione di palazzi a 12 piani, la fermata della Metro che la collega al centro della città; è recentissima notizia il progetto di un nuovo stadio calcistico proprio qui a Pietralata!!! E questo sarebbe piaciuto a Pasolini che tra un ciack e l’altro si divertiva a giocare a pallone con “i ragazzi de’ borgata”.

Come la racconterebbe Pasolini oggi Pietralata?

Gli basterebbe cambiare i nomi agli interpreti, che ne so un Christian al posto di Tommasino, una Samantha con l’h al posto di Irene, cambiare gli abiti e la tipologia di abitazioni per raccontarci questa “nuova” borgata?

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