Open Studio Bruno Kuhlmann

3/22 (aLpHAbeTH BLoOM), 2022,  110 x 85 cm, olio e acrilico su tela +  Senza titolo (Homer),  2018, 23 x 31,6 cm,  acquarello e matita su carta

3/22 (aLpHAbeTH BLoOM), 2022, 110 x 85 cm, olio e acrilico su tela + Senza titolo (Homer), 2018, 23 x 31,6 cm, acquarello e matita su carta


BIS

l‘artista apre lo spazio che una
volta era la casa di sua madre

pittura, disegno e video

a cura di Gianfranco Evangelista

Entrare nella casa, che fu della madre, di Bruno Kuhlmann è come entrare in uno spazio “altro” dove i pezzi della sua installazione, ovvero oli, disegni, collages, video e luci, si affastellano e si accavallano in una logica sequenza. Il colore fluisce sulla tela e sulla carta come a far emergere dalle indistinte nebbie dei fondali, reminescenze di un passato evocato con la volontà di riviverlo nel presente, come in un metaverso, dove riferimenti della sua vita si mischiano a “frames” di ricordi reali e insieme immaginari.
Quasi un utero materno che espelle e rende visibili flash e reminescenze che uniscono passato, presente e futuro in una unica sequenza, quasi una porta temporale.
Oggetti iconici ed elementi inusuali nelle stanze della sua abitazione, ci fanno attraversare uno “stargate” aperto verso uno spazio ignoto, dove far emergere coinvolgenti esperienze visive e sensoriali.
Così l’elemento iconico ci appare come una trafittura nella tela e rende l’informale ricerca dell’autore una via a metà strada tra l’astratto e il figurativo e la presenza della quotidianità nella casa stessa si propone in un “nonluogo” anch’essa a metà strada tra realtà e sogno.
La composizione delle sue opere, derivata da bozzetti preparatori al computer, distrutti una volta eseguiti, con l’aiuto di mascherine, sovrapposizioni e collages, attesta un peculiare mezzo traspositivo.
Sullo sfondo di spray acrilico, l’artista sovrappone oli diluiti e spatolati, mascherine come stencil, spruzzi e pennellate. Il suo espressionismo trae spunto da un’improvvisazione associativa, come dall’idea di un “cappellaio matto” che accumula nella sua scatola magica misteriosi pezzi, cose, oggetti tratti dai passaggi nei suoi viaggi temporali o anche presi da una realtà indefinita per rimetterli in circolo dopo averli prodigiosamente rimescolati, inventando così una nuova dimensione al di là del segno.

di Gianfranco Evangelista