ON LIGHT 2021 - collettiva

Un racconto di cui la luce è voce narrante e protagonista.

Ogni artista presente fa parte della narrazione con il proprio linguaggio unico e personale, ma tutte le opere proposte hanno la luce come elemento centrale della ricerca estetica ed artistica.

L’osservatore è invitato ad intraprendere un piccolo viaggio nello spazio espositivo della galleria. Lo sguardo è  immediatamente catturato dai riflessi degli allumini di Baldo Diodato con la loro inconfondibile impronta dei sanpietrini e dalle superfici specchianti di Adele Lotito, dipinte con fumo di candela, che sono il luogo della ricerca di se stessi come di fronte ad uno specchio. Il percorso continua nella magia della Città Eterna con le opere di Anna Romanello dove la luce è fondamentale per la lettura delle sue incisioni sovrapposte alle fotografie di ambienti romani. I paesaggi urbani e l’atmosfera incerta della strada tornano nelle lightbox di Gabriele Giugni con un’illuminazione da palcoscenico, dove l’uomo comune è l’attore che entra ed esce di scena interpretando il suo ruolo nella società.

I giochi di luce e il sapiente uso della materia possono ingannare l’occhio e creare illusioni. Come nel caso di Andrea Pinchi le cui opere sono superfici levigate dipinte che, con il gioco della retroilluminazione a contatto con la carta da dattilografia, paiono usurate dal tempo in una resa pittorica che l’occhio percepisce come sgretolate. Realizzare opere d’arte con la luce significa anche riflettere sulle infinite interazioni tra materia e illuminazione. Le tele di Renata Rampazzi sono espressione di puro colore, raffinate, eleganti e coinvolgenti. Il rosso dei suoi olii prende vita, si muove fluido e lento come la lava di un vulcano ed improvvisamente si accendono scintille inaspettate. Piotr Hanzelewicz usa un linguaggio diafano ed elegante per raccontare della Luna e dellle sue fasi, restituendoci sensazioni di indefinitezza grazie ai materiali delicati, opachi e trasparenti che richiamano la vaghezza tipica della luce lunare. Le sculture in plexiglass di Fiorenzo Zaffina sono frutto di una “michelangiolesca” visione della materia: l’artista elimina parti dal blocco per giungere a forme leggere ed eteree che, attraversate dalla luce, restituiscono un labirinto di riflessi nel quale perdersi. I materiali scelti da Franca Bernardi permettono alle sue opere di entrare nell’astrazione completa: sono percepite dall’occhio lentamente, tramite la trasparenza e la leggerezza, sono autosufficienti al punto che non hanno bisogno di un sostegno visibile, ma l’esperienza estetica è arricchita dai colori e dalle superfici graffiate dalla mano dell’artista. Le sculture di Federica Zianni sono bozzoli che rimandano all’idea della vita e della metamorfosi. La magia della nascita è però negata sia dai materiali, che non sono organici ma artificiali (schiuma poliuretanica e camera d’aria) sia dalla negazione della luce con l’utilizzo del colore nero.

Anche Salvatore Cammilleri incentra la sua attività artistica sul tema della genesi attraverso il suo simbolo per eccellenza: l’uovo che protegge la vita al suo interno, ma è anche fragile, dunque, ci invita a riflettere sulla precarietà dell’esistenza.

Diverse opere esposte nascono dalla tecnica fotografica, ma non nella sua accezione più tradizionale. EPVS propone fotografie digitali la cui sovraesposizione abbaglia dando l’illusione di trovarsi effettivamente di fronte a dei fuochi d’artificio. Allo stesso tempo, si crea un’astrazione luminosa tale che il soggetto non è più riconoscibile e l’occhio si concentra solo sulla percezione dei colori. Benedetta Galli studia e sperimenta gli effetti ottici prodotti dalle fotografie riflesse attraverso materiali trasparenti. Le sue immagini, ripetute in serie all’interno di gocce di silicone, sono un’indagine sull’infinitesima possibilità di divisione dell’io e un tentativo di ritrovarne la sua identità. Vittorio Campana permette all’osservatore di entrare nella profondità dell’immagine ed esserne risucchiato grazie alla tridimensionalità conferita dall’illuminazione del supporto in plexiglass trasparente che supera i limiti della stampa tradizionale.

Un aspetto che non può essere dimenticato è il rapporto tra arte e scienza in relazione ai diversi fenomeni luminosi. Marco Angelini costruisce la sua attività artistica sulla ricerca scientifica, e nonostante ciò osserva il mondo in maniera diversa da quella dello scienziato. Nella sua operazione creativa i materiali e gli strumenti scientifici sono svuotati della loro funzione primaria: ad esempio, ritroviamo frammenti di pannelli solari che rimandano al tentativo dell’uomo di catturare e conservare l’energia solare. Diana Lazzaro sperimenta le scoperte nel campo della biologia e nella rappresentazione digitale del codice binario: offre la possibilità di vedere e sentire, tramite luci, immagini e suoni, l’attività del cervello attraverso le sue onde elettromagnetiche. Federico D’Ambrosi basa le sue opere su formule matematiche e simboli numerici: il tre è all’origine del suo lavoro. Affascinato da questo numero primo, crea immagini, illuminate ed organizzate in multipli di tre, in cui è inserito il GIF. Questo è anche il simbolo dell’attesa temporale che si tramuta in incertezza emotiva e in un percorso interiore indefinito finché non termina il periodo che lo attraversa.

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