Dal Mito al Contemporaneo. Linguaggi e Simbolismi nell'( Arte) Digitale di Silvia Mattioli

Women Religion War nasce da uno studio-laboratorio di Performance Art e Body Art

Silvia Mattioli

Silvia Mattioli "Commando" stampa digitale


Women Religion War nasce da uno studio-laboratorio di Performance Art e Body Art in una sinergia tutta al femminile. 

Il laboratorio condotto dall’artista-regista visiva Silvia Mattioli pone particolare attenzione alla riflessione sui macro-temi della Guerra e della Religione in un’ottica femminile. “La Guerra si fa solo con le armi e solo nelle zone di guerra? Il conflitto sembra superare il campo di battaglia: stupro, pulizia etnica, violenza di genere, violenza psicologica, femminicidio, lesbofobia. Qual è il peso della religione nei conflitti in corso e non solo nelle zone di guerra? E  qual è il ruolo della Donna in questi scenari? A che punto sono le donne e come si stanno muovendo? Relegate ai margini della lotta al potere, che ruolo hanno oggi le donne nel mondo? Come interpretano l’eredità  del femminismo? Che definizione hanno di sé? La specificità sessuale può essere il punto di partenza del processo di ricostruzione in sé. Nello spazio liminare in cui è stata confinata dall’uomo, estranea all’agone politico e alle tensioni sociali, la donna ha plasmato un modello di conciliazione di quegli opposti che l’universo maschile da un lato e il femminismo dall’altro avevano giudicato irriducibili: corpo e mente, privato e pubblico, religione e laicità. E nel contesto attuale come si colloca il corpo femminile, corpo martoriato, corpo santificato, corpo venduto e mercificato, corpo celebrato.

W_R_W mette in scena dei tableaux vivants, travestimenti, interpretazioni,

rivisitazioni e alterazioni in un sovvertimento delle gerarchie del visibile.

L’utilizzo del proprio corpo come strategica alternativa alla rappresentazionepubblica della donna. 

Una delle caratteristiche dell’artista è quella appunto  di analizzare la realtà come nell'opera Appunti per le Emendi a Corviale dove l’immagine è rappresentata in fotogrammi in Dvcpro in particelle di metallo un sistema elettronico post-analogico ma antecedente al digitale Hd. Il fenomeno ottico del circolo di confusione  diventa uno status concettuale : la visione dei dettagli appare più nitida allontanandosi dal soggetto-opera.Più ci si avvicina (ovvero più si pensa di possedere la “realtà”  avvicinandosi , "entrandoci dentro" ), più ci si perde tra punti che diventano cerchi e linee che diventano spazi. Bisogna allontanarsi dalle cose per decifrarle e comprenderle.

Un omaggio a Pasolini e ai brani di Hölderlin, che Silvia ha profondamente analizzato per risalire al nobile intento di ricongiungere, in un gioco di ruoli, ciò che la giustizia punisce ed assolve di fronte al pentimento. Trattasi in questo contesto della riconciliazione tra uomo e natura, al fine di sbloccare una situazione di degrado urbano ormai sclerotizzata e riappropriarsi di quella dimensione rurale che acquieta gli animi. L'installazione si arricchisce e si completa con quattro piccoli quadri: si tratta di fotogrammi estrapolati dal video a cui accosta i loro ingrandimenti. Lo sviluppo fotografico produce l'effetto sgranato ma suggestivo del fenomeno ottico del circolo di confusione. 

Vale a dire che i dettagli mischiati e confusi dalle migliaia di punti che compongono l'immagine, così come sono visibili da vicino, appaiono più nitidi allontanandosi, costringendo l'osservatore a cercare un punto di osservazione. Ritrovare, attraverso il ruvido, le prospettive e le distanze, una riflessione sul  congelamento  iper perfezionistico dell’ immagine attuale.

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