OPEN CLUSTER
SARA BERNABUCCI, STEFANO CALDERANO, FABRIZIO CRISAFULLI, ALESSANDRA CRISTIANI, GIOVANNI DE ANGELIS, FRANCESCO DIODATI, ANTONIO FINELLI, IVAN MACERA, VERONICA MONTANINO, MONICA PENNAZZI, ALBERTO TIMOSSI
Programma
LUN | 22 OTT
INAUGURAZIONE | ore 18.30
JADE PROJECT - STEP ONE* presenta:
CRYSTAL SOUND - Installazione sonora di Francesco Diodati e Ivan Macera
DANZALUCE | 19.30. Performance ideata da Alessandra Cristiani (danza); Fabrizio Crisafulli (luce); Francesco Diodati e Ivan Macera (suono).
GIO | 25 OTT
Apertura straordinaria della mostra e prove aperte DIAGENESI di Ivan Macera e Alberto Timossi | 16.30 - 19.30
SAB | 27 OTT
GHOST TRACK | 18.00 Performance live di Stefano Calderano, Francesco Diodati e Veronica Montanino
GEOGRAFIE D‘ARTE E GEOGRAFIE UMANE | ore 18.30. Talk a cura di Anna Maria Panzera, con e fra gli artisti di Open Cluster; un tentativo di uscire dalla propria opera e narrarne il fuori scena
Diagenesi | ore 19.30. Intervento sonoro di Ivan Macera su scultura di Alberto Timossi
In occasione di Rome Art Week 2018, lo Studio d’arte Pisani presenta la mostra collettiva Open Cluster a cura di Giulia Giovanardi.
Open Cluster è un progetto che affonda le radici nella storia del luogo che lo ospita, lo Studio d’arte Pisani. Uno studio d’artista costruito nel 1920 all’interno di un grande complesso di case popolari a Roma, nella zona di Cipro. Le case erano destinate agli operai delle vicine fornaci, ma oltre agli alloggi furono realizzati degli atelier per gli artisti. I progettisti seguirono la straordinaria intuizione secondo cui le necessità di vita delle persone non si riducono alla sfera dell’utile (la casa, il lavoro), ma attingono anche alla dimensione “inutile” della fantasia e dell’immaginazione che l’arte porta con sé. Lo studio venne affidato allo scultore Domenico Ponzi che ci lavorò per tutta la vita, oggi ad animarlo con le sue opere ed i suoi progetti è Sara Bernabucci, la pronipote, anch'essa artista. Lo spazio ha mantenuto però la memoria della sua storia e accanto alle nuove opere che qui prendono vita, convivono calchi, sculture, studi anatomici del passato. La storia si è stratificata in questo luogo, dando vita ad un dialogo che va oltre la semplice giustapposizione di passato e presente, ma crea sollecitazioni e suggestioni impreviste e inattese.
Open Cluster vuole riproporre la stratificazione di storie e opere che dialogano in questo spazio, assumendo questa stratificazione nella sua struttura. Agli artisti è stato proposto di partecipare ad una mostra che si articolasse come una “staffetta”, i primi a partire hanno realizzato opere da cui l’artista che ha preso il testimone ha tratto suggestioni, idee, spunti di ricerca concettuale o visiva per sviluppare il proprio lavoro. La mostra ha così preso la forma di collaborazioni tra artisti anche impegnati in ambiti diversi come l’installazione e la performance, la fotografia e la scultura, la scultura e la musica sperimentale.
I dialoghi-staffette hanno coinvolto ogni volta una coppia di artisti il cui lavoro mostra punti di contatto e affinità, spesso non evidenti e immediatamente visibili (Giovanni De Angelis e Monica Pennazzi, Sara Bernabucci e Antonio Finelli, Veronica Montanino con i musicisti Francesco Diodati e Stefano Calderano, Fabrizio Crisafulli e Alessandra Cristiani, Alberto Timossi e Ivan Macera).
Ogni staffetta si è sviluppata in modo diverso e unico, ciò che però le accomuna tutte è stata la disponibilità degli artisti a pensare il loro lavoro come una realtà aperta a farsi contaminare e ad interagire con un altro nuovo e non previsto. Questa attitudine all’apertura è insita nell’identità del luogo, lo studio dell’artista è infatti per eccellenza lo spazio del processo in cui il fare ed il pensare sono sempre in atto. La mostra non vuole trasformare lo studio in uno spazio espositivo che accoglie un lavoro concluso e nato altrove, ma mutuare e fare propria l’identità del luogo attraverso la dinamica aperta e in divenire delle staffette e della stratificazione delle opere.
L’inaspettato che nasce dall’incontro e che si dà come altro irriducibile alla semplice somma delle realtà preesistenti è quella fondamentale attitudine all’apertura che la mostra ha voluto innescare attraverso lo strumento delle staffette e che gli artisti coinvolti hanno accettato ed abbracciato con entusiasmo e generosità.
La staffetta tra Giovanni De Angelis e Monica Pennazzi ha preso l’avvio da un lavoro iniziato nel 2017, proprio nello Studio Pisani, da Giovanni De Angelis. Attratto da alcune sculture presenti nell’atelier, due teste di gesso colte nell’atto di guardare verso l’alto in direzione di qualcosa di indefinito, De Angelis chiese ai suoi modelli di riproporre nelle fotografie quello sguardo rapito, quel guardare oltre. Nacque così la serie di ritratti GOFORWARD che oggi De Angelis propone in un’installazione inedita. Una lunga linea rossa, elemento caratterizzante le fotografie dell’artista, corre sulla parete dello studio sotto la finestra, come ad evidenziare un’orizzonte, una soglia. Sotto di essa gli sguardi degli uomini e delle donne rappresentati spingono verso l’alto per infrangere e rompere quel limite che le sovrasta.
Monica Pennazzi, che raccoglie il testimone, presenta un intervento site specific, Torsion Field. L’installazione, composta da centinaia di sottili fili di silicone nero, rievoca la solida linea d’orizzonte di Go Forward che però torce e curva, secondo una concezione dello spazio che l’artista mutua dalla fisica quantistica. Ne nasce una trama leggera ed impalpabile, la cui densità muta mentre ci si muove nella spazio, rivelandoci un elemento strutturale delle installazioni e sculture della Pennazzi: l’impossibilità di riassumerle in un colpo d’occhio unitario, in una forma definita e sintetica.
Il segno inteso come trama, intreccio fitto e sottile è il filo rosso che unisce i lavori di altri due artisti impegnati in una staffetta, Antonio Finelli e Sara Bernabucci. Entrambi si ricollegano alla storia dello Studio Pisani ed in particolare a colui che di quella storia conserva la memoria, Ercolano Ponzi, il figlio dello scultore Domenico Ponzi. Finelli si è concentrato sulle sue mani, un elemento anatomico finora ancora non indagato dall’artista che ha fatto del corpo, ed in particolare delle delicate e sottili trame dell’epidermide, l’elemento privilegiato della sua ricerca. Nell’osservare i disegni a matita di Finelli l’occhio - quando si avvicina al testo pittorico - è rapito dal segno che riesce ad essere insieme di estrema precisione ed infinita delicatezza.
Sara Bernabucci presenta una nuova serie di opere in carta, intagliate al laser con una tecnica che l’artista ha cominciato a sperimentare recentemente. Se il laser evoca tagli netti e precisi, nel lavoro di Sara Bernabucci dà invece vita a trame sottilissime, velature che rivelano molteplici piani di profondità colti nel minimo spessore del foglio, e ancora a trasparenze impalpabili. L’artista parte sempre nel suo lavoro da elementi concreti e reali (fili, tessuti,impronte delle mani) di cui, grazie all’inchiostro o alla grafite, estrae le tracce e le impronte. Per questa ragione le sue forme mantengono, pur nella loro astrazione, un elemento tattile e organico insopprimibile.
Tre delle staffette della mostra hanno messo in collegamento artisti visivi, performer, musicisti sperimentali e jazz, sono nate così collaborazioni inedite e sorprendenti che hanno preso la forma di un programma di eventi live che accompagnerà la mostra.
EVENTI LIVE
DANZALUCE | JP 01 (Jade Project - Step One) performance ideata da Alessandra Cristiani (danza); Fabrizio Crisafulli (luce); Francesco Diodati e Ivan Macera (suono). Con Alessandra Cristiani. Nell’ambito del Jade Project di Andrea Baker, Sara Bernabucci, Fabrizio Crisafulli, Alessandra Cristiani, Francesco Diodati, Ivan Macera, Filippo Salviati. Da un’idea di Filippo Salviati.
La performance mette in stretta relazione tra loro il corpo e la luce. Lo spazio è attraversato da una invisibile parete di luce che il corpo intercetta. L’incontro rende feconda la relazione tra due dimensioni: lo spessore e la superficie; un dietro enigmatico e il suo farsi apparizione, rilievo; opacità del corpo e sua trasparenza. Nel linguaggio aperto e sensibile della danza il corpo reinventa la luce e la luce reinventa il corpo. Il suono proviene da altri “corpi”, quelli cristallini delle giade, densi e trasparenti allo stesso tempo.
GHOST TRACK
Performance live di Stefano Calderano, Francesco Diodati e Veronica Montanino
Ghost Track si sviluppa come la ricerca di un’interazione profonda e non didascalica tra immagine e suono la cui azione reciproca prende vita di fronte agli occhi del pubblico. In una sala bianca i segni e le tracce di Veronica Montanino si stratificano e si affiancano sulla parete, seguendo percorsi ideati al momento dall’artista. I suoni di Stefano Calderano e Francesco Diodati si sommano come gesti musicali che vanno a comporre a loro volta un tessuto stratificato, intricato, cercando un dialogo col costruirsi dell’istallazione. Al termine della performance il suono sviluppato live verrà integrato in modo stabile nell’opera, dando corpo e concretezza alla sua traccia nascosta, qui intesa come processo del suo svilupparsi nello spazio.
DIAGENESI
Intervento sonoro di Ivan Macera su scultura di Alberto Timossi.
Il percorso che ha portato ad ideare la performance live Diagenesi, è nato dalla scultura Vacuum di Alberto Timossi. Esternamente l’opera mantiene l’aspetto liscio e regolare del tubo industriale da cui è ricavata, internamente invece appare segnata e scavata da forme che ricordano il fluire dell’acqua e che riportano ad una dimensione più organica e viscerale. Ivan Macera ha recuperato questa memoria insita nella forma della scultura, riempiendola d’acqua e indagando le sue possibilità di suono. Secondo le sue parole: “ Diagenesi: scultura che attraverso l'acqua diventa contenitore e veicolo risonante. Sovrapposizioni timbriche, stratificazione litica. Memoria della pietra, voce ritrovata. Disidratazione e assorbimento, musica molecolare? Osservare gli elementi che si ricongiungono, indagando e amplificando la mutazione della materia in forma sonora”.
GEOGRAFIE D’ARTE E GEOGRAFIE UMANE
All'interno del progetto OPEN CLUSTER, Anna Maria Panzera modera un talk fra e con gli artisti partecipanti. "Cluster" è un termine usato in vari campi; in astronomia si riferisce a un piccolo gruppo di stelle che s'interconnettono gravitazionalmente aumentando la propria "identità"; il termine open, invece, fa riferimento alla "debolezza" dei legami: fattore non negativo, perché da intendersi come mobilità, apertura che conduce al disgregarsi dei vincoli attrattivi per la creazione di unità più forti. Riportato alle relazioni fra gli artisti coinvolti nel progetto,OPEN CLUSTER diventa una mappa di relazioni e di iconografie, che vorremmo raccontare.
*In questa occasione, Open Cluster introduce inoltre “The Jade Art Project”, una innovativa interazione sperimentale tra artisti contemporanei e antiche giade cinesi. Nato da una idea di Filippo Salviati, il progetto si concretizza nella ricerca e nel lavoro individuale e collettivo di Sara Bernabucci, Fabrizio Crisafulli, Francesco Diodati e Ivan Macera, arricchito nei vari step dei contributi di altri artisti che interagiscono con aspetti diversi della materialità delle giade.