STACCATO CONTINUO è un lavoro che rientra nel ciclo di ricerca sul tema della TRASPARENZA. Riprende, e qui vuole concludere, l’idea di una prima installazione che utilizzava una serie di scatole in pvc che lasciavano passare la luce e facevano intravedere ciò che contenevano: ognuna “un gesto” tracciato con alluminio ed erano sistemate in una costruzione che divideva obliquamente uno spazio. Questa volta è lo spazio di ME.SIA S.PACE che si offre come un contenitore con un “confine di vetro “. Questo confine viene confermato da una parete di scatole trasparenti, che anche questa volta contengono un gesto, un pensiero ma lasciano aperta una finestra attraverso la quale si può vedere cosa racchiude il contenitore vetrina: si troveranno i “gesti-pensiero” non più imprigionati ma liberi di vibrare, un timido omaggio o meglio una timida allusione alle ultime sonate per pianoforte di Beethoven alle quali è dedicato questo lavoro.
Francesca Capriccioli - Pensiero per Staccato Continuo, installazione di Franca Bernardi
E’ un forte senso di gratuità talvolta a permeare la produzione artistica, e quando ciò accade, e se nello specifico per gratuità intendiamo ciò che si offre come atto libero e disinteressato, come un improvviso e generoso dono di sé, l'opera allora tocca esiti felici. L'installazione Staccato Continuo di Franca Bernardi è, secondo gli intenti dell'artista, una elaborazione visiva costruita su suggestioni musicali derivate dall’ascolto delle ultime sonate per pianoforte di Beethoven, caratterizzate da compresenze e alternanze di legato e staccato. Due pareti si fronteggiano, ma lo spazio che vi intercorre non è in alcun modo praticabile. Pur essendo fisicamente misurabile, esso è tuttavia precluso al fruitore il cui punto di vista resta inesorabilmente esterno e frontale. Il piano anteriore così ravvicinato manifesta una giustapposizione seriale di forme regolari, una disposizione paratattica di segni umani, barricati e imprigionati all'interno di scatole, sequenze allineate di corpi trasparenti. E’ il campo dell'immediato visibile, schermo e filtro, opaco e trasparente insieme, seduttivo e superficiale, ambito della percezione apparente, grado epidermico della conoscenza. Tuttavia, a guardar bene, una faglia, come un improvviso scratch, genera una lieve sconnessione della visione bidimensionale che, inaspettatamente lacerata, si lascia superare, consentendo che l'oltre si profili dietro, ed eccolo lì appena distante, solo intravedibile, sul fondo. Quello strato più interno e intimo abbonda di segni scoperti e fragili che, senza protezione alcuna, danzano, veleggiano, oscillano secondo la loro natura. L'oltre sembra proteggere sé stesso o le verità che lo costituiscono attraverso la distanza. Ma non saranno i passi ad abbreviare lo scarto che separa i due piani, non sarà uno spostamento fisico a garantirne l’accessibilità, saranno piuttosto la curiosità, l’immaginazione e il libero arbitrio a permettere di coglierne lo spirito. Franca Bernardi, attraverso questa installazione, sembra restituire e reinterpretare la lezione spazialista di Lucio Fontana, non tanto per la gestualità dei tagli o dei fori, quanto per l'allusione alla dimensione poetica e spirituale, spazio temporale delle "Attese". La distanza fisica tra i due piani e lo spazio che vi intercorre regolano una durata, un tempo sequenziale, imprecisato, libero e soggettivo, un movimento interiore parallelo allo svolgersi del brano Beethoveniano. Un tempo che include un qualche cambiamento, un sorprendersi, forse un ravvedimento. Certamente un passaggio, foriero di una nuova inclusione.
Francesca Capriccioli