Le opere di Susanne Kessler esplorano il confine poroso tra etica ed estetica, mettendo in luce la complessa tensione tra queste due dimensioni. La sua libertà immaginativa crea immagini vibranti, che liquefano le divisioni categoriche e segnano punti di rottura nell'autocoscienza della modernità e nella sua percezione del mondo.
Prima che esistessero il mare, la terra e il cielo che tutto ricopre, la natura aveva un solo volto, chiamato caos: una massa cruda e inorganica. Là c'erano terra, mare e aria, ma la terra non era ancora solida, l'acqua non galleggiava, e i cieli erano privi di luce. Le forme delle cose fluttuavano, una interferiva con l'altra nello stesso corpo: il freddo e il caldo lottavano, l'asciutto e l'umido si scontravano, il molle e il duro combattevano, così come il leggero e il pesante.
In una sorta di genesi profana, Susanne Kessler ripercorre la storia multistrato dei mari, la creazione del mondo e dei continenti come li conosciamo oggi. In tal modo, esplora anche lo spostamento e l'elasticità di ciò che sembra eterno.
Come accade per un viaggio in mare, nelle creazioni di Susanne Kessler non ci si può ancorare a prospettive consolidate. Si è spinti verso strutture aperte e complesse, che non trovano mai fine. Queste mappe rappresentano non solo una creazione di conoscenza del mondo, ma anche un intervento su tale conoscenza, sviluppando continuamente nuove prospettive. Le sue finzioni cartografiche oscillano tra scoperta e invenzione, enigmi e soluzioni, estetica e tecnologia. Esse forniscono percorsi e una visione del mondo aperta.
Il senso risiede nella superficie, nel disegno attivo attraverso cui qualcosa si manifesta. Ciò che è percepito come fatto fisico è allo stesso tempo vissuto come un ritmo in movimento, diventando un evento in cui la forma si fonde con il tempo, e la struttura si coniuga con la mutevolezza. Le sue opere si estendono all'infinito del mare, per poi tornare.