Giovedì 21 settembre 2023 la sede romana di Tornabuoni Arte inaugura la stagione autunnale con una mostra che traccia un percorso attraverso i luoghi vissuti dagli artisti a Roma tra la metà degli anni Quaranta e gli anni Ottanta del Novecento.
La mostra racconta i rapporti, le discussioni, i sodalizi artistici nel clima di fiducia e rinascita di una città appena uscita dalla Guerra e pronta ad affrontare il boom economico. Ripercorrendo le strade, i ristoranti, gli studi, le osterie, i nuovi luoghi dell'arte e i locali notturni, l’esposizione attraversa i momenti e gli incontri che hanno contraddistinto la vita culturale della capitale.
Il racconto si snoda tra i salotti romani, il celebre Caffè Greco di Via dei Condotti e il non più esistente Caffè Aragno in Via del Corso; dal Caffè Rosati di Piazza del Popolo, all’antagonista Caffè Canova. Da Cesaretto "Il re degli amici" in Via della Croce a Menghi, all'inizio di Via Flaminia. Dagli studi degli artisti e l'Art Club di via Margutta, all'Age D'Or di via del Babuino, fino al Piper in via Tagliamento e agli studi della Rai.
Il percorso espositivo si apre con Plasticità spaziale (1918) di Giacomo Balla, punto di riferimento per gli artisti che gravitano in quegli anni a Roma. Si prosegue con opere di alcune tra le figure cardine della scena intellettuale e artistica, assidui frequentatori del Caffè Aragno e della Fiaschetteria Beltramme a via della Croce quali Maccari, Mafai, Guttuso, Prampolini e Savinio di cui è esposta La Nascita di Venere (1950). In dialogo e opposizione gli esponenti dell’astrattismo, frutto dell’esperienza di Forma 1, con Perilli, Dorazio e Accardi in mostra con Assedio Rosso n. 3 (1956) e Rotolo Rosa (1970), progetto di lampada realizzata in collaborazione con Marta Lonzi. In parallelo si muove la nuova ricerca figurativa di Schifano, con N. 1 dall’Archivio del Futurismo (1965), e quella dei frequentatori di Piazza del Popolo tra cui De Dominicis, Festa, Lo Savio, Mambor, Ontani e Tacchi seguiti, qualche anno dopo da Boetti, arrivato a Roma nel 1972.
Ricostruendo il tracciato di questi luoghi, attraverso la testimonianza attiva delle opere esposte, rivivono l'entusiasmo, le tangenze e i contrasti delle generazioni di quegli anni, quando era possibile fissare nello stesso scatto de Chirico e De Dominicis, figli di epoche diverse, ma entrambi fiduciosi in un’idea di tempo aperto e circolare.