In un equilibrio fragile tra terra e cielo, tra memoria e smarrimento, si muove il mondo scultoreo di Stefano De Santis, artista attivo dal 1982.
Le sculture figurative di De Santis rappresentano personaggi slanciati verso l’alto, col volto rivolto al cielo. Sono presenze silenziose, simboli di una tensione interiore, di una domanda senza risposta, di un ascolto rivolto all’invisibile.
Entrare nel mondo scultoreo di Stefano De Santis significa entrare in una sospensione. Una sospensione tra la forma e l'idea, tra la terra e l’aria, tra ciò che resta e ciò che sfugge.
Da oltre quarant’anni, De Santis lavora la materia come si lavora un pensiero antico: con pazienza, ascolto, e un silenzio interiore che si deposita in ogni curva, in ogni vuoto, in ogni tensione plastica.
Le figure umane, appartenenti a un linguaggio che un artista amico di De Santis ha definito “Figurativo Fantastico”, ogni figura è costruita con linee essenziali ma potenti, dove il corpo non è tanto rappresentazione, quanto metafora: l’essere umano diventa struttura, ponte, eco del visibile e dell’invisibile.
Il loro sguardo, costantemente sollevato, è un atto di resistenza poetica, un desiderio di contatto con qualcosa di altro, di più grande.
Accanto alle figure umane, emergono le forme enigmatiche dei Pachiderma senza memoria: animali di terracotta e bronzo, dalle forme massicce e indefinite.
Non si distinguono testa o coda, non hanno volto, né passo. Sono esseri senza direzione, senza identità riconoscibile, creature che hanno dimenticato sé stesse e il loro cammino.
Questi animali fantastici sembrano trascinarsi nel tempo come frammenti di un mondo perduto o non ancora nato. Una riflessione sull’essere biologico privo di coscienza, sulla materia che si muove senza senso, in contrasto con la tensione spirituale delle figure umane.
Un dialogo tra mondi
La mostra Lo sguardo e la materia mette in relazione queste due anime: lo slancio e la stasi, la ricerca e la dimenticanza, la forma che si apre e quella che si chiude in sé stessa.
Eppure, tanto le figure quanto gli animali abitano lo stesso universo: quello della materia trasformata in simbolo, in domanda, in poesia plastica.
In entrambe, però, vibra la stessa cura per la materia, lo stesso ascolto della forma, lo stesso rispetto per ciò che emerge dal processo scultoreo.
In un’epoca veloce e dispersiva, l’opera di Stefano De Santis ci invita a rallentare, a guardare — e forse, più di tutto, a sentire.
Perché in queste forme che sembrano immobili, c’è movimento.
E in questo silenzio, c’è voce.
Attraverso bronzo, terracotta, legno e materiali naturali, De Santis costruisce un linguaggio plastico simbolico e personale, in cui la materia si fa voce dell’anima.
Una mostra che parla di tempo, silenzio, identità e trasformazione.
