Viviamo nell’era digitale, un’era in cui internet ha modificato e continua a modificare il nostro modo di comunicare, le nostre relazioni e la creazione della propria identità. L’utilizzo dei nuovi media ci permette di far entrare il reale nel virtuale e viceversa, ci pone nella condizione di fondere la nostra esperienza quotidiana con un’esperienza riprodotta tecnologicamente. L’opera di Di Vico riflette proprio su questo aspetto: le astronavi non sono altro che una riproduzione del pensiero, del cervello umano che è influenzato inevitabilmente dalla realtà in cui viviamo e dunque dalla tecnologia, diventando così una sorta di entità spersonalizzata, assimilata ad elementi meccanici. L’artista scompone la figura in una serie di moduli geometrici, ben definiti attraverso la realizzazione di contorni netti. Forme, masse e colori sono tra loro in relazione creando effetti di intenso dinamismo e tensione che ci fanno pensare all’arte futurista. Allo stesso tempo di Vico si allontana dall’ottimismo futurista nella modernità e nella macchina e rappresenta nelle sue opere la desolazione e l’alienazione dell’uomo contemporaneo che da esse provengono.