Caterina Vitellozzi è nata a Roma ed è laureata in Lingue Orientali. L’arte, la sua valenza antropologica e sociale nelle varie culture è una passione che matura e approfondisce durante i suoi viaggi e nel corso della sua carriera nel campo della comunicazione. Il mosaico, le cui tecniche apprende i fondamenti e le tecniche presso il Gruppo Mosaicisti di Ravenna, rappresenta il punto di partenza del suo percorso artistico che si evolve attraverso la contaminazione di diverse tecniche: dalle procedure del mosaico classico e bizantino fino ai linguaggi interdisciplinari dell’arte contemporanea. Caterina focalizza la sua ricerca sulla relazione tra umanità, Natura e ambiente; i suoi lavori invitano a pause di riflessione e creano stimoli per raggiungere nuovi equilibri per un futuro più sostenibile e armonico.
In un’epoca di estrema frammentazione, il mosaico rappresenta per me un modo per riordinare il mio ambiente all’unisono con la Natura, la nostra guida più preziosa. Mi piace scegliere, toccare, tagliare e combinare materiali diversi: da quelli più caldi e naturali quali alberi, pietre, ori e frammenti di natura, a quelli apparentemente più freddi e aspri quali pasta vitrea (smalti veneziani), marmi, vetro, ferro, pezzi di cemento. Mi piace metterli insieme e creare ogni volta un loro nuovo equilibrio capace di comunicare qualcosa al nostro ‘intimo sentire’. “Ogni mia composizione è unica e in essa cerco di “racchiudere” quella purezza primordiale, fatta di luce, energia e vibrazioni, in grado di animare la nostra sensibilità e accendere l' abilità di contemplare, ascoltare e condividere emozioni.
PER ROME ART WEEK 2023 - da martedì 24 ottobre alle 16
“È EROS?” la bipersonale con Marzia Gandini e Caterina Vitellozzi nell’atelier di Palazzo Taverna per Rome Art Week diventa una riflessione fra l’estetica dell’Artista e il pensiero del filosofo sudcoreano naturalizzato tedesco Byung-Chul Han, docente di Teoria della cultura alla Universität der Künste di Berlino.
“È EROS?” si chiede la mostra. Sicuramente sì, risponde Caterina Vitellozzi, è l’afflato che dovrebbe legarci in ogni momento all’evidente bellezza del nostro ambiente fisico. Guardare oltre la materialità delle cose, cercare la percezione che sconvolge, ingarbuglia, stupisce e infine libera il nostro sguardo assopito. Un sasso, ciottolo levigato dal fiume e dalle onde è fredda lontananza, quindi cielo, profondità, infinito. Il catrame è materia, informe e accogliente, l’oro un dolore che si raggruma in uno specchio di luce. Lo smalto e il vetro spezzato sono frammenti di emozioni, di calore o di freschezza. Il mondo si trasforma e splende nella mente: non è paesaggio ma fisica e sorprendente evocazione. Per Caterina Vitellozzi una delle possibili risposte ai timori espressi da Byung-Chul Han è la propria arte, fatta di materia, pluralità delle fonti, attenzione profonda per tutto ciò che è intrinseco e può essere portato alla luce, non per rappresentare ma per svelare il dono che ogni essere o cosa si porta dentro.