Associazione Cento Pittori Via Margutta

Dati e contatti

La famosa strada di Via Margutta è sempre stata meta preferita degli artisti fin dal Rinascimento, per la sua aria di essere lontana dalla città, priva dalle contaminazioni della modernità, piena di verde e luogo da cui trarre ispirazione. Pertanto artisti di tutto Europa cominciarono ad acquistare qui case e ad allestire le proprie botteghe.

Proprio in ricordo di questa caratteristica, nel 1927 Pietro Lombardi progettò una fontana, detta “Fontana delle arti” dal particolare basamento triangolare, sormontata da un secchio con pennelli, con riferimento alla pittura, e due mascheroni, uno sorridente e l’altro triste, menzionando il carattere ambiguo di ogni artista.

All’inizio della sua formazione, la strada era destinata solo alle prostitute, ed era considerato come un luogo malfamato. Papa Paolo III, eliminando le tasse per le botteghe, favorì l’insediamento di molti artisti, soprattutto fiamminghi ed olandesi. A via Paolina, tra il 1594 e il 1595, si trasferì il paesaggista Paul Brill; Dal 1606 e il 1608 vi abitò Pieter Paul Rubens, allora appena trentenne: il pittore cominciò il suo viaggio in Italia nel 1600, andando prima a Venezia, per studiare i maestri del colore (Tiziano, Veronese, Tintoretto), poi passò a Mantova, sotto l’egida del duca Vincenzo I Gonzaga, che lo nominò pittore di corte. Il primo viaggio a Roma risale al 1601, dove poté cimentarsi nello studio dell’antico, ma anche nella copia dei grandi artisti, quali Michelangelo e Raffaello, e confrontarsi anche con i suoi contemporanei, Carracci e Barocci. Sempre per il duca di Mantova, Rubens si trasferì in Spagna, per tornare a Mantova nel 1605, e poi a Roma nel 1606, quando si trasferì, con il fratello Philip, in via Margutta. A questo periodo risale la decorazione dell’abside di Santa Maria in Vallicella, con un quadro, ora al museo di Grenoble, raffigurante la Vergine e cinque santi. Tuttavia, questo dipinto venne ritenuto inadatto alla collocazione dallo stesso Rubens, che la sostituì con tre tavole in ardesia, materiale più adatto all’illuminazione della chiesa.

Intorno al 1624 visse in via Margutta anche Nicolas Poussin, insieme a sua moglie Anna Maria e il nipote Gaspar Doughet, luogo scelto per fermarsi, vista la sua salute cagionevole. Il pittore francese era appena arrivato in città e poteva contare sulla protezione del cardinale Barberini, ricco collezionista e mecenate, che gli permise di conoscere molte personalità di spicco presenti nella Roma del Seicento, come Giovan Battista Marino, all’epoca poeta della famiglia Medici, che gli procurò molte commissioni. Poussin era avido di sapere, e, durante la sua vita, studiò ottica, geometria e la prospettiva; grazie al suo amico Cassiano dal Pozzo, studiò molto l’antico, e si cimentò in molte copie dei monumenti romani. La sua permanenza a Roma si interruppe nel 1640 quando, dopo ripetuti inviti a rientrare in patria, Poussin ritornò a Parigi, seguendo il suo fedele amico Paul Freart de Chantelou. Molte furono le opere da lui composte tra 1624 e il 1640 a Roma, alcune delle quali sono Venere e Adone, ora a Montpellier; Mida e Bacco, ora a Monaco di Baviera; Martirio di Sant’Erasmo, realizzata per la basilica di San Pietro, ed ora conservata nella sala XII della pinacoteca vaticana; La peste di Azoth, ora a al Musee du Louvre a Parigi.