Open studio Al 10b photography

I work in progress di due fotografi, Gianmaria De Luca e Francesco Zizola,


I work in progress di due fotografi, Gianmaria De Luca e Francesco Zizola, vengono esposti nell’atelier di quest’ultimo e proposti al pubblico dal 29 ottobre al 15 dicembre solo su appuntamento (per prenotazioni: studio@gianmariadeluca.com).
L’occasione per questo open studio è la RAW (Rome Art Week), ma soprattutto il desiderio di un confronto tra due autori molto diversi tra loro, accomunati da reciproca stima, amicizia e da un’attenzione verso la fotografia non solo come risultato estetico concluso, ma come riflessione sui processi e sulle tecniche, da cui scaturisce una ricerca poetica e concettuale sul dispositivo.
Come scrive il curatore della mostra Bruno Di Marino:
Quelle di De Luca e Zizola sono due visioni “analitiche” che dialogano tra loro sulle pareti dello studio; due sperimentazioni in fieri sospese tra passato, presente e futuro: passato inteso come ritorno alle origini del linguaggio fotografico; presente interpretabile come riflessione sulla contemporaneità e sulle sue trasformazioni, reali e virtuali; futuro come prospettiva minacciosa che incombe sull’umanità.
Da un lato abbiamo la serie di stampe realizzate da De Luca con il basilare principio della camera obscura: finestre di ambienti interni sono trasformate in fori stenopeici che proiettano l’immagine esterna rovesciata. In questo caso le vedute del centro storico di Roma, di una città antica e barocca, imperiale e popolare. Dall’altro ecco in anteprima alcune immagini di Hybris il ciclo che Zizola ha voluto dedicare all’elemento dell’aria, dopo aver affrontato l’elemento dell’acqua. Quelle che sembrano meteoriti che si stagliano nello spazio cosmico, sono in realtà frammenti di ghiacciai in fase di scioglimento.
I panorami di De Luca costituiscono una visione in campo lungo, l’omaggio a un genere codificato della storia dell’arte e della fotografia (la veduta urbana); il tentativo di fissare in un’unica immagine - ricca di particolari - la complessità architettonica di una città che è il prodotto di sovrapposizioni e superfetazioni. I blocchi di ghiaccio di Zizola, al contrario, ci restituiscono una visione in dettaglio; alludono alla transizione tra lo stato solido e quello liquido causato dal riscaldamento dell’aria da cui dipende il futuro della nostra stessa esistenza.

Nei lavori di entrambi siamo colpiti dall’esattezza, dalla limpidezza dell’immagine e, al contempo, disorientati dalla loro porosità che rompe il confine tra reale ed astratto, materico ed evanescente, fotografico e pittorico, naturale e artificiale, positivo e negativo. Inutile scomodare qui Peirce e l’infinito dibattito sull’ambiguità dell’immagine analogica indecisa, miscela di indice e icona. Ma, certo, nell’avvicinarsi alle opere di De Luca e Zizola, nel coglierne tutti i dettagli, nel percepirne tattilmente l’epidermide dell’emulsione, non si può che leggere la realtà della materia (sia essa architettonica, organica, fotografica) come un insieme di tracce, di memorie e stratificazioni.
Per realizzare i suoi lavori di diverse dimensioni, De Luca ha trasformato in immense camere obscure le chiese di Santa Maria in Campitelli e di Santa Maria in Vallicella. L’artista, con grande accuratezza, isola il raggio di fotoni in grado di attivare la superficie sensibile, lasciando che la luce agisca scolpendo l’immagine che il luogo offre alla visione e generando una matrice unica ed irriproducibile su carta fotografica ai sali d’argento. Grazie ai lunghi tempi di esposizione (che possono arrivare fino a 2 ore) ogni soggetto in movimento sparisce dall’immagine, rendendo Roma silenziosa, immobile, eterna, metafora di un processo di trasfigurazione alchemica che ci riconduce alla fotografia come atto naturale ed immediato.
In altre immagini in mostra - le uniche a colori - le stesse vedute sono ricollocate ed esposte nello stesso ambiente in cui sono state realizzate. La necessità di scattare la foto della foto, la veduta nella veduta, non è dettato da un semplice gioco meta-artistico, ma dall’esigenza di ricollocare la porzione di rappresentazione sottratta al reale nella “giusta cornice”, che poi è la città medesima. Questa mostra serve anche a finanziare il suo nuovo e ambizioso progetto, Roma quadrata: dal punto più alto del Palatino (il colle da cui è nata Roma) De Luca scatterà un’unica fotografia stenopeica a 360°; per effettuare questa immagine che non ha precedenti - che in un solo colpo d’occhio ci restituirà il paesaggio dei fori, il Colosseo, il Circo Massimo, ecc. - l’artista costruirà una struttura temporanea all’interno del convento di San Bonaventura.
Se De Luca in Roma quadrata lavora per accumulo di elementi, Zizola nel ciclo dei quattro elementi lavora per sottrazione: la precedente serie dedicata all’acqua, come lui stesso ha descritto, presentava “strane forme bianche disegnate dalle reti sul nero dei flutti”. Un minimalismo che sembra dettato dall’esigenza di spogliarsi dal peso e dal dolore delle immagini di guerra che il fotografo ha scattato per lungo tempo. Ma questa apparente linearità e purezza del tratto (la fotografia come incisione, disegno, pittura) nasconde la relazione sempre problematica tra l’uomo e la natura.
C’è, infine, un altro fattore che accomuna le opere dei due artisti: la mancanza di presenze umane. Tale assenza diventa ancor più metaforica e significante se in essa vi leggiamo un’estetica della sparizione. Nelle vedute di De Luca i tempi di esposizione cancellano ogni figura che passa dentro il campo visivo. Nelle stampe di Zizola dell’elemento umano avvertiamo ancora la presenza: è lui la causa dello scioglimento del ghiacciaio, ed è sempre lui che sarà vittima della hybris, la vendetta divina o della natura che ha usato sfidare. La fotografia si limita a prenderne atto, incidendo nella luce il senso ultimo di un mondo che continua a vivere anche senza di noi.
Per qualsiasi informazione rivolgersi a : Email studio@gianmariadeluca.com Whatsapp +39 3334294082
Bruno Di Marino

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