Opening Mostra Alain Fleischer: Je ne ius qu'une image

Una mostra di ampio respiro, dagli anni settanta sino ai lavori più recenti

Attraverso il Ninfeo di Palazzo Borghese si accede alla Galleria del Cembalo

Attraverso il Ninfeo di Palazzo Borghese si accede alla Galleria del Cembalo


Alain Fleischer è un artista multidisciplinare. La sua produzione è tanto proteiforme quanto prolifica.

Con più di 50 libri, 350 film e innumerevoli video, fotografie e installazioni, la sua opera è vastissima. Lontano da qualsiasi trans-disciplinarietà, utilizza ogni mezzo di espressione nella sua specificità. Alain Fleischer non può essere definito “uno scrittore che fa dei film “oppure “un cineasta che fa l’artista“, né  “un fotografo che fa video“, ma uno scrittore, un cineasta, un fotografo.

Il gusto per la tecnica, ma anche per la sua reinterpretazione attraverso il bricolage, fanno nascere delle invenzioni improbabili: si crede di vedere, ad esempio, un vecchio disco di vinile che gira sul giradischi quando invece non si tratta che della sua immagine, filmata quando era in movimento, di cui il giradischi, ora inerte, ne diventa solo il supporto.  

Alcuni temi sono ricorrenti nella sua opera: il viso e il corpo femminile, l’erotismo, il senso della sopravvivenza, la spettralità, l’illusione, il riflesso e il doppio, il rituale, il mondo dell’infanzia e il gioco, la trasfigurazione delle forme, la rovina, la natura selvaggia…

L’artista esplora il mezzo fotografico. Immagini liberate dalla necessità di rappresentazione del visibile, rivendicano il loro ruolo: “Je ne suis qu’une image”.

Questa dichiarazione, titolo della mostra, parte dalla constatazione che al cinema il suono diventa un’immagine. La banda sonora è un segnale ottico che presenta tutte le caratteristiche di una fotografia: contrasto, definizione grana, nitidezza. Alain Fleischer ha così trasferito l’immagine ottica della frase registrata “Je ne suis qu’une image” su diversi supporti. Il contorno del segnale, costituito da ondulazioni più o meno serrate, si trasforma nel rilievo di un paesaggio, nel ritaglio di un pezzo di carta, nel profilo di una lama, eccetera.

Tracce di avvenimenti o di situazioni che non hanno mai avuto luogo, memorie obiettive e pertanto menzognere dell’impronta fotografica, immagini fisse messe in movimento e immagini animate improvvisamente cristallizzate, riflessi, captazioni, proiezioni, rotazioni, propongono dubbi sulla loro natura e sulla loro stessa realtà. Emozioni, seduzioni e divertimenti vissuti dall’artista vengono riproposti per essere condivisi intuitivamente dallo spettatore, senza la necessità o la costrizione andare a cercare necessariamente un significato recondito oppure un valore simbolico.

Nella serie  Lumières oubliées,  attraverso l’utilizzo di lanterne e tracce luminose, l’artista affronta il senso etimologico della parola “fotografia”.

Tra i video e le installazioni illusionistiche, il visitatore scoprirà il fenomeno della “crestazione“ dei cactus - termine botanico per definire la loro metamorfosi mostruosa, riconfigurato in algoritmo, poi applicato a qualsiasi tipo di oggetto.