Julien Bismuth. Hiaitsiihi

a cura di Raffaella Frascarelli

Nomas Foundation presenta Hiaitsiihi, la prima mostra personale di Julien Bismuth in un'istituzione italiana. Tra il 2016 e il 2017, insieme all’antropologo Marco Antonio Gonçalves, l’artista trascorre due soggiorni presso il popolo Hiaitsiihi stanziato sulle rive del fiume Maici nella foresta amazzonica brasiliana. Denominato Pirahã dalle popolazioni confinanti, questo popolo semi-nomadico chiama sé stesso Hiaitsiihi, termine che significa corpo (ibiisi) che vive in un cosmo stratificato. Cacciatori-raccoglitori che pescano e cacciano muniti di solo arco e frecce, da secoli i Pirahã vivono in simbiosi con la foresta pluviale d’Amazzonia, trascorrendo la maggior parte dell’anno senza alcun riparo dagli elementi atmosferici e fondando la propria sussistenza soltanto su pochi semplici manufatti. Ciò che chiamiamo la loro cultura consiste fondamentalmente dei canti che cantano e delle storie che raccontano nella loro particolare lingua tonale che può essere fischiata, canticchiata, parlata. Scandendo e accompagnando le loro attività quotidiane, tali storie, canti, rituali conservano una complessa cosmologia. I Pirahã non posseggono strutture politiche, nessuna diseguaglianza economica o sociale, nessun dovere eccetto la sopravvivenza.

Attraverso linguaggi quali fotografia e video, gli interventi di Bismuth si esprimono con una simile discrezione di mezzi: i filmati intenzionalmente privi di narrazione e spiegazione contraddistinti da un montaggio praticamente assente si allineano all’esperienza dei Pirahã. Estratti delle interviste a Marco Antonio Gonçalves e immagini tratte dal suo archivio sono mostrati separatamente insieme a foto e riflessioni scritte dell’artista. Testi e interviste si confrontano con questioni etiche, politiche e culturali sollevate dall’incontro con i Pirahã, facendo attenzione a restituire tutta la loro complessità. Come comunicare tra culture diverse, mantenendo intatta e salvaguardando tale alterità? In che modo i Pirahã sono stati in grado di preservare il loro stile di vita nonostante la crescente predazione delle terre indigene e della foresta pluviale amazzonica? Cosa possiamo imparare da questo popolo e come possiamo agire per difendere la loro cultura, il loro stile di vita, l'ambiente dal quale dipende la loro sopravvivenza?

Alla luce delle disastrose politiche del governo Bolsonaro, negli ultimi mesi tali questioni sono divenute più urgenti e vitali che mai. Come dimostra la recente serie di incendi che ha interessato vaste aree della foresta pluviale amazzonica, le conseguenze della deforestazione sono una minaccia non soltanto per la sopravvivenza dei Pirahã e di altre minoranze etniche: la distruzione della foresta amazzonica mette egualmente in pericolo anche la nostra sopravvivenza. La brutale deforestazione senza precedenti storici che spinge verso un punto di non ritorno, l’impennata del diossido di carbonio a livelli fuori controllo, la durissima crescente siccità, l’immane irreversibile perdita di biodiversità sono soltanto alcuni degli effetti della governance di Bolsonaro.

Di contro, lo stile di vita dei Pirahã rivela un modo alternativo di esistere e interagire con un ecosistema complesso e unico come quello della foresta amazzonica: questo popolo è in grado di godere di quelle risorse preservandole piuttosto che consumarle e sprecarle.

Al fine di assicurare alle minoranze etniche il diritto alla propria cultura, alla propria terra, al proprio stile di vita, alla propria alterità materiale e immateriale sono necessarie forme di governance contro-egemoniche come quelle dei Pirahã. L’esistenza di questo popolo si offre ai nostri occhi come un’alternativa vitale alle nostre forme di governance. Ispirati dalla Lettera VII di Platone, urge un cambio politico in difesa della vita piuttosto che di una domanda di profitto ormai insaziabile. In quanto tali, i Pirahã e il loro stile di vita non sembrano altro che i resti di un passato “primitivo”. Ma affinando la vista, la loro realtà si rivela un esempio illuminante per il presente e il futuro del nostro pianeta.

 

Julien Bismuth (1973 Parigi, Francia) vive e lavora a New York. Attraverso collage, installazioni, performance, fotografia, video, Bismuth si confronta con questioni di natura critica e culturale. Spesso la sua pratica intreccia linguaggio e immagine mettendoli in discussione, indagando come le nostre rappresentazioni del mondo siano in grado di forgiare e orientare le nostre decisioni e interazioni. Le opere di Bismuth sono state esposte presso Nomas Foundation, Roma; Centre d'art La Criée, Rennes; Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Galerie Emanuel Layr, Vienna; Galerie Parisa Kind, Francoforte; LACE, Los Angeles; Les Abattoirs, Tolosa; Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Parigi; Simone Subal, New York; GAK, Brema; The Box, Los Angeles; Crac Alsace, Altkirch. Le sue performances sono state ospitate da istituzioni internazionali quali Centre Georges Pompidou, Parigi; Villa Medici, Roma; Palais de Tokyo, Parigi; MUSAC, León; Fondation Ricard, Parigi; Tate Modern, Londra. Tra le sue mostre collettive quelle di FRAC, Marsiglia; 14th Cuenca Biennial, Cuenca; Frac île-de-France, Bussy-Saint-Martin; MAAT, Lisbona; National Art Gallery, Sofia; Centre d'Art Contemporain Parc St. Léger, Pougues-les-Eaux; Belvedere, Vienna; Museo Marino Marini, Firenze; Manifesta 10, San Pietroburgo; IAC, Villeurbanne; Kunsthalle Wien, Vienna; ICA Philadelphia; Schirn Kunsthalle, Francoforte. Bismuth, insieme al designer Jean-Pascal Flavien, è co-foundatore di Devonian Press.

 

Programma

A marzo 2020, un convegno presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche, Sapienza Università di Roma, che include antropologi, sociologi, economisti, filosofi

 

Pubblicazione

Il catalogo di Hiaitsiihi sarà pubblicato contestualmente agli Atti del Convegno

Organizzatori

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