Per comprendere le opere d K. bisogna fare un passo indietro. Bisogna considerare che l'intervento dell'artista sull'oggetto di manifattura ordinaria lo converte in antidoto all'arte retinica.Così, il readymade di Duchamp entra violentemente nell'estetica di K., che recupera gli elementi alla base del Dadaismo, li seleziona e li trasforma nella chiave di volta per Parabellum.
In una parata di immagini e simboli del quotidiano, l'artista ci pone dinanzi alla vacuità ed alla superficialità dell'esistenza. Strumenti di violenza, armi, macabri relitti diventano eleganti orpelli della quotidianità.
Ogni oggetto estrapolato dal suo contesto e ricollocato in un nuovo ambiente è un'opera d'arte.
Ci fermiamo mai davvero a riflettere sulle immagini del TG che sfilano davanti ai nostri occhi?Cos'è quel morboso desiderio di conoscere i dettagli di ogni omicidio, di ogni rappresaglia? Tutti e nessuno, siamo mai davvero interessati a ciò che accade intorno a noi? O è forse, in fondo, null'altro che vanità quel lasciar entrare il male e il marcio del mondo nelle nostre case?Ci rende forti, fieri il poter spegnere in qualsiasi momento la TV e crogiolarci nel lusso della, seppur relativa, serenità.
Così l'arte, come il velo di Maya, avvolge l'uomo in una calda coperta e lo spettatore dovrà scegliere se restare al sicuro oppure attraversare il velo ed accettare l'ineluttabile e permanente verità: il conflitto, il male e la violenza sono parte integrante e permanente della civiltà e dello stesso essere umani.
Solo così potremo tutti infine trovare la pace: si vis pacem para bellum.