Interventi musicali di Alessio Toro e Alistair Drummond Petrie

in occasione di In_visibili di Monticelli & Pagone a cura di Federica Fabrizi

In occasione dell’evento RAW 2021, sabato 30 ottobre dalle 18:00 alle 18:30, la Galleria Art G.A.P. ospita gli interventi musicali di Alessio Toro (viola) e Alistair Drummond Petrie (violoncello) con musiche composte da Pasquale Sabatelli. La presentazione critica dei brani è a cura di Cristina Colaneri. L’evento s’inserisce all’interno della mostra “IN_visibili” di Monticelli & Pagone, a cura di Federica Fabrizi.

Alessio Toro esegue il brano “Sestam”, per viola, composto da Pasquale Sabatelli. Lavoro per viola solista, costruito fondamentalmente sugli intervalli di sesta e terza. La cellula creatrice del materiale può essere individuata anche semplicemente nel primo bicordo con la relativa acciaccatura. La viola, uno strumento dalla voce dolce e suadente, l’arco mediano tra il violino ed il violoncello, è protagonista di questo lavoro, costruito con significativa intenzione sull’intervallo di sesta minore, come suggerisce lo stesso titolo. Tale intervallo, pregno di significati, anche nei riferimenti all’antica arte della retorica, che tanto rilievo ha avuto nella storia della musica, richiama, proprio grazie ad essa, la figura dell’Exclamatio, in particolare nei momenti in cui l’espressione intervallare viene evidenziata con un salto ascendente, appunto di sesta minore, che rappresenta un’esclamazione o comunque un forte richiamo. Non sempre la sesta minore è resa evidente, pur essendo elemento strutturale di base nello sviluppo del brano, nascosta nel tessuto generale della composizione, tra le trame delle altre costruzioni intervallari, che possono ancora essere interpretate alla luce di un discorso ricco di legami proprio con l’arte retorica (le settime, che creano enfasi e richiamano la tensione, emozioni forti; le terze, legate comunque alle seste, ma anche all’idea, forse, dei primi canti dell’infanzia). Queste caratteristiche costruttive, legate al timbro inconfondibile della viola, concorrono ad evidenziare un sentimento arcano di mistero.

Alistair Drummond Petrie esegue il brano “Fantasia”, per violoncello, composto da Pasquale Sabatelli. La “Fantasia” per violoncello è un lavoro che mostra con chiara evidenza la cifra stilistica e le intenzioni del compositore colto, con lo sguardo affettuosamente rivolto ai linguaggi del passato, ma contemporaneamente immerso nel suo tempo e da esso influenzato. La scintilla dell’ispirazione è accesa, non a caso, dalla musica di Bach (Maestro comunque al di sopra del tempo), in particolare dalla Suite n.2 per violoncello. Un seguito intenso di suoni, in un tumulto continuo di pensieri ed immagini che si presentano alla mente dell’autore, che organizza il materiale sonoro in una struttura che si evolve attraverso momenti di maggiore libertà (dedicati alla riflessione e all’espressività), per giungere a situazioni di più definito rigore ritmico, che ricorda e ammicca alle memorie barocche. Assistiamo ad una graduale intensificazione nell’uso del materiale, corrispondente ad una climax che poi trova soluzione e sintesi nel Largo finale e nel periodo conclusivo “con fuoco”. Fondamentale per l’autore, nella definizione del materiale sonoro di riferimento, sembrano essere gli intervalli di semitono e di terza, che generano poi, ovviamente, anche gli altri intervalli. Se osserviamo l’incipit e la chiusura della Fantasia, inoltre, notiamo una significativa simmetria: il suono iniziale coincide con quello finale (Do, IV corda, vuota – importante scelta anche per la ricerca timbrica) e nel suo incipit si apre proprio attraverso il concetto del semitono (in termini assoluti di pitch ), interpretabile in senso ascendente; anche i due suoni finali si trovano sostanzialmente a distanza di semitono (sempre in termini assoluti di pitch), ma questa volta in senso discendente; quasi una chiusura del cerchio.

Alessio Toro e Alistair Drummond Petrie eseguono il brano “Lo strabismo mi pervade”, duo per viola e violoncello, composto da Pasquale Sabatelli. Arriviamo così ad un dialogo vivace ed intenso tra viola e violoncello: i due archi si incontrano e si compenetrano, pur individuando, ciascuno secondo una specifica personalità, il proprio ruolo e le proprie caratteristiche. I due momenti, nei quali l’autore realizza la massima omogeneità tra i due strumenti, sono individuabili nella situazione iniziale e nella parte conclusiva: un inizio nel quale viene ricercato un particolare colore, determinato prima dalla IV corda suonata “a vuoto” dal violoncello, poi dalle doppie corde in quinta (Do-Sol - sempre del violoncello e ancora “a vuoto”), alle quali si aggiungono, distribuendone sempre in modo regolare le entrate equidistanti, i nuovi suoni affidati alla viola; anche questi nuovi ingressi sono basati sulla successione per quinte ascendenti; si presenta così, nel Largo iniziale, il materiale costruttivo di base, che verrà sviluppato ed elaborato nel corso dell’intera composizione, partendo da un’atmosfera sospesa, che, con la ripetizione dei primi frammenti in graduale accelerazione, porta all’inizio dell’Andante sostenuto e quindi alla partenza del lavoro. Il periodo conclusivo (“precipitoso” ), raggiunto anch’esso con un’accelerazione nella ripetizione (quattro volte) della battuta che precede immediatamente tale conclusione, presenta un veloce andamento omoritmico dei due strumenti per moto contrario; in un crescendo intenso il compositore raggiunge le ultime note nel fortissimo per concludere all’unisono con il Do centrale (due ottave sopra rispetto al Do dell’incipit). Nel corso dell’opera, viola e violoncello dialogano e si integrano continuamente, presentando brevi momenti di assolo per la viola e un frammento di lunghezza più significativa da solista per il violoncello, più o meno a due terzi della composizione

Alessandro Monticelli & Claudio Pagone riflettono sul comportamento umano nella società contemporanea, in cui ogni individuo è definito esclusivamente dal gruppo di appartenenza. L’uomo, per sentirsi parte di un tutto, tende a comportarsi diversamente da come farebbe normalmente per non sentirsi diverso, perdendo la sua unicità che lo contraddistingue. Rafforzamento della percezione di sé, non come individuo, ma come elemento integrante del gruppo. Le macchie di Rorschach nelle opere di Monticelli & Pagone divengono individui anonimi, senza volti, che esistono in funzione del loro doppio. Un positivo relegato a mera copia abbellito da abiti alla moda per la necessità di conformarsi alla società dell’immagine e dei consumi e un negativo ridotto all’essenza in cui si rintraccia l’identità che lo contraddistingue dalla collettività omologante. Deindividualizzazione come deprivazione delle caratteristiche individuali.Il duo sulmunese mediante pennellate gestuali e materiche definisco uno spazio senza tempo, o meglio un non-luogo, in cui l’essere umano prova un senso di frustrazione, impotenza e claustrofobia che favorisce la deumanizzazione, il disimpegno sociale, l’anonimato e la deindividualizzazione dell’altro. Del resto siamo in un ‘epoca frenetica, in cui tutto sembra mutare da un momento all’altro, dove non ci sono più riferimenti e sicurezze ma solo dei copioni standardizzati, dettati dalla moda e dal consumismo, che lasciano gli individui vivere nell’illusione di essere liberi ma in realtà sono soggetti passivi plasmati dagli stereotipi sociali, finendo per essere degli esseri intellettualmente invisibili.

Alessandro Monticelli (1973) & Claudio Pagone (1976) dal 1999 sono un duo che lavora come un singolo. Vivono e lavorano tra Sulmona e Roma. Le loro opere sono la convergenza di un procedimento che parte da percorsi diversi canalizzati in un’unica destinazione da cui si origina il loro brand-binomio M&P: la sophisticated NeoPop Art. Nelle loro opere la provocazione è sempre dietro l’angolo. Infatti grazie a diverse opere di denuncia sociale come La Venere dell’Immondizia, molto apprezzata da Pistoletto stesso, e le 500 multe a regola d’arte, hanno scatenato reazioni nel sistema massmediatico grazie al quale hanno raggiunto una diffusa notorietà nel mondo dell’arte contemporanea conquistando pubblico e critici. Degno di nota anche il loro intervento all’acquedotto di Sulmona su cui hanno rappresentato sulle 13 lunette delle 21 arcate i 13 miti ovidiani, trasformandolo in una vera e propria opera d’arte contemporanea che dialoga con l’architettura del passato. Le loro opere sono conservate nell’archivio “Arte del XXI secolo” della Soprintendenza speciale per l’arte contemporanea di Roma, nell’archivio di arte contemporanea “Via Farini” di Milano e nell’archivio di arte contemporanea “Futuro” di Roma. Inoltre, molti lavori sono parte di numerose collezioni private. La loro sfida? Proporre nuove tematiche con forme di comunicazione distanti dai modelli prestabiliti dai luoghi “ufficiali”, sfidando i confini concettuali e fisici dell’arte contemporanea.

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