Adottando ancora una volta l’acqua come mezzo basilare per dar vita a immagini cromaticamente eteree e iridescenti, con … senza turbare una stella Beatrice Pediconi propone un nuovo nucleo di lavori in cui non solo il dipingere con lacerti fotografici – adottati come paletta pittorica – porta a forme fortemente evocative, ma anche a un’ars combinatoria dove pittura fotografia e disegno si incrociano per evidenziare una pratica dell’arte intesa dall’artista come mai pago esercizio d’indagine sul mondo della vita e dei mille significati che la riguardano.
Dopo una serie di importanti sperimentazioni che hanno portato l’artista alla nascita di nuove tecniche in materia fotografica con partiture astratte dove esili nastri o affilate tracce steliformi sembrano seguire la traiettoria di un aquilone per inventare fantastiche e patafisiche geometrie, Beatrice Pediconi presenta oggi raffinate composizioni in cui sono evocati scenari naturali che suscitano meraviglia e invitano il pubblico a ritrovare la delicatezza di un fiore o di una farfalla che coincide con la fragilità della vita.
Oltre che da una perfetta e armonica operazione che porta a un procedimento sfuggente, lontano a ogni categoria, l’ulteriorità di questi nuovi lavori è data inoltre dai titoli delle opere, scelti dall’artista con meticolosa cura e estrapolati da poesie, racconti, romanzi o anche saggi, per amplificare il livello evocativo dell’immagine. Trees are sanctuaries (2024) è, ad esempio, un titolo preso a prestito da Bäume di Herman Hesse, secondo il quale gli alberi sono simboli legati al ricordo, alla caducità e alla rinascita, ma anche alla crescita, alla vita istintiva e naturale, alla spensieratezza e alla fertilità.
«Il mio ultimo corpo di lavoro è il risultato di un processo che esplora una combinazione di pittura, disegno e fotografia. Filamenti di emulsione sottratti a scarti di Polaroid sono trasferiti nell’acqua su tela e su carta entrambe precedentemente dipinte con pigmenti di varie tonalità. Rimangono tracce evanescenti testimoni di perdita e rigenerazione. Minimali e organiche, molte di queste opere ricordano dei fiori, riflettendo così la fragilità della vita, il suo inevitabile progredire verso il rinnovamento e il suo messaggio di speranza in tempi carichi di distruzione».
Antonello Tolve