Giovanna de Giglio, in arte ‘Luce’, è una giovane artista romana, spesso in viaggio nel mondo come insegnante di meditazione e yoga. Giovanna utilizza come linguaggio principale la performance e la body art e mette in scena rituali trasformativi attraverso l’uso della pittura, della danza e del respiro. Infatti, la sua attività creativa si svolge principalmente a contatto con la terra, in orizzontale, coinvolgendo tutto il corpo in una danza di materiali e pratiche differenti fino ad arrivare alla verticalità emozionale.
Il coinvolgimento delle pratiche meditative nell’arte che lei attua implicano l’uso consapevole del respiro ,con l’obiettivo di raggiungere un autentico stato di presenza, che a sua volta muove il corpo in modo fluido e spontaneo tramite la danza (diventando colore e segno sulla tela). Questo è propedeutico per una trasformazione esistenziale che avviene di fronte allo spettatore durante il processo creativo, il quale fa da specchio alla condizione interna dell’artista e diventa opportunità di guarigione.
Il suo lavoro diventa un viaggio spirituale dove “l’altro”, non solo assiste al flusso di trasformazione tramite le domande esistenziali che l’artista mette in scena e incarna, ma diventa parte integrante di questo rituale sacro. Quando l’artista apre le proprie viscere davanti al pubblico, sa di prendere il rischio di poter essere vista sia con uno sguardo accogliente e incondizionato sia con un occhio giudicante e pronto al rifiuto. E’ un atto di autoaffermazione in cui l’artista Luce sembra dire “io esisto” da sola, “qui ci sono le mie impronte ,cosi come sono”.
Durante le sue performance, l’artista si immerge completamente nel processo , senza alcuna remora, diventando tutt’uno con il colore e i movimenti, esplorando i confini del suo corpo che si fondono nella ‘prima materia’, caos, magma, per poi ritrovare una definizione, una propria vita nello spazio creato dalla separazione degli opposti, in quel vuoto dove invita lo spettatore a riconoscersi ed entrare e dove lei nel frattempo si muove.
Tutto ciò di cui lei si libera è la dipendenza dallo sguardo dell’altro per esistere, frammentandosi per poi ricomporsi ,sublimando la bramosia che la spinge ad eccedere , quella fame che la porta inevitabilmente all’orrore e al pentimento per trasformare infine tutto in un’accettazione di se e un' affermazione ancora più profonda della sua libertà.
Co-dipendenza, bramosia, fame, colpa, orrore, sublimazione e ritorno alla leggerezza, sono i temi più affrontati.
Liberarsi dal bisogno dello sguardo dell’altro per esistere, sublimare la bramosia, che è allo stesso tempo il motore del suo movimento, trasformare quella fame insaziabile, quel vuoto incolmabile, quella colpa misteriosa in una nuova forma e con nuovi colori , in un nuovo spazio e danzandolo con una nuova melodia.
Dunque Giovanna nelle sue performance permette allo spettatore di assistere ad un intimo ‘svisceramento’ . Infatti, è come se ad ogni performance mettesse in scena una nascita, quindi un oblio seguito da un processo di ricordo e acquisizione di identità attraverso le dinamiche di espansionecontrazione, piacereluce, caosmorte ,per poi trascendere e incontrare il suo spirito in un atto purificatorio.