Luigia d'Alfonso e Ada Perla dopo aver seguito percorsi individuali tesi a sviluppare un personale processo creativo, decidono nel 2002 di condividere un laboratorio, e la quotidianità del rapporto le ha stimolate ad affrontare insieme una nuova avventura: un progetto a quattro mani. Il dialogo, terreno fecondo del loro lavoro, ha dato forma a una costruzione concettuale la cui origine è nel cognome che le lega, Perla, coniugale per l’una e familiare per l’altra. La ricerca sulla perla, con studi e letture sul significato simbolico nelle diverse culture e civiltà, sulla mitologia, sulla vita biologica, ha messo in contatto le rispettive esperienze estetiche ed esistenziali. L’immagine è lentamente mutata da elemento esogeno a suggestione interiore e ha aperto il canale per una nuova comunicazione. L’osmosi tra le due individualità, generata da queste nuove rotte, ha permesso alle autrici di approdare a un linguaggio comune, il Sabìr. Tele lacerate, dipinte e ricomposte su garze leggere. Eppure, robuste tanto da poter resistere a un lungo viaggio, sufficientemente forti da tessere un racconto che attraversa il Mediterraneo. Una trama di segni, di fili, di stratificazioni, ricrea mediante il colore il dialogo polifonico tra le culture che vi si affacciano. Scelto in riferimento all’idioma di mediazione un tempo parlato nei porti del Mare nostrum, il Sabìr era una lingua libera, non scritta, continuamente reinventata; una lingua frammentaria, rimescolata, rattoppata. Il dialogo, la capacità di scambio, la voglia di arrivare lontano è propria delle genti che popolano le sponde di questo mare millenario, un tempo avvicinate da un idioma comune e oggi divise da differenze culturali apparentemente insormontabili. Ma la volontà di comunicare ha il potere di ridar voce al Sabìr, lingua universale.
Il modus operandi del binomio artistico dap non prevede bozzetti preparatori ma approfondimenti tematici individuali che confluiscono, attraverso il dialogo e il confronto, in un comune e unico linguaggio visivo, espresso concretamente nel lavoro a quattro mani. La sperimentazione di diverse tecniche pittoriche, delicato e impegnativo passaggio, è stata fondamentale per raggiungere la sintonia espressiva tra le artiste e realizzare una corrispondenza tra concetto e linguaggio. La stratificazione pittorica su stoffe dismesse che conservano lo spessore temporale dell’esperienza, parte da una accurata scelta dei colori. La speciale tecnica “mista” sviluppata, che ben si accorda con il concetto di una “narrazione orale” visiva, è fondamentale nella fase di stesura del colore poiché l'assorbimento è immediato e questo implica, non solo il fascino di una raffigurazione intenzionale, ma anche l’accettazione di ogni singolo tratto di pennello involontario di cui la stoffa si appropria come avesse un’anima anche lei. Nell’affrontare il panno bianco, una silenziosa empatia si instaura attraverso la pittura accordando i timbri diversi in un unico racconto, il “canovaccio”. Un racconto compiuto ma aperto che condurrà poi al successivo, a volte senza soluzione di continuità, altre in contrasto, a volte per magia. La composizione organica del Sabìr e al contempo la valorizzazione dei singoli canovacci, richiedono uno studio articolato e complesso che viaggia parallelamente all’azione pittorica. Dal tavolo al pavimento al muro, l’opera e le artiste spaziano nella continua verifica della storia che si dipana, e che svelerà la sua forma solo con il lavoro di legatura. Il lungo e delicato montaggio, è effettuato con garze impalpabili, a integrare il vuoto lasciato dalle “parole mancanti”. Non tutti i canovacci vengono utilizzati: come in una sala di montaggio, i “frame” ultimati vengono tagliati, accostati, scompigliati e riprovati sino a ricomporre un unicum, un viaggio senza interruzioni, come un lungo piano sequenza cinematografico.
Se i Sabìr sono le trame del discorso principale, i Totem sono parole rimaste sospese. Lacerti di tessuti dipinti volutamente lasciati a margine, ricomposti poeticamente e ritmicamente, rifacendosi al gioco di allitterazioni e di slittamenti semantici propri della filastrocca. Nella tradizione italiana la filastrocca (fila la seta) è molto radicata e rievoca un mondo dove anziane sapienti e guaritrici le affidano un valore rituale dal potere magico e apotropaico. I frammenti dei tessuti rimasti dai Sabìr e dai Totem, raccolti lungo il cammino, sono combinati con spirito giocoso nella Ciaccerata... chiacchiere tra le vie, confidenze sull’uscio di casa, grida dai mercati, bisbiglii borbottii sussurri…
Le scelte tecniche sono parte del concetto Sabìr. Uso di stoffe dismesse, tessute con filati naturali quali cotone, lino, seta. Lenzuola, tovaglie, tendaggi, recuperati da antichi corredi oramai usurati dal vissuto, vengono lacerati nelle dimensioni studiate per la composizione finale dell’opera. Uso di colori professionali per il tessile: le colorazioni e i toni individuati sono ottenuti miscelando pigmenti concentrati con una base morbida e trasparente, diluiti con acqua, e con l’aggiunta di un catalizzatore che ne aumenta la polimerizzazione. La tecnica mista consente un’eterogeneità di segni volta a rappresentare la singolarità nella molteplicità. E come la parola, il segno tracciato sulla stoffa non può essere ritirato, poiché i colori usati tingono immediatamente. Uso della garza: dopo numerose prove, la garza, tenace ma invisibile, trattata e tagliata nelle giuste misure, è stata scelta per unire la composizione e restituire la rappresentazione caleidoscopica di una narrazione corale.
La lingua sabìr dal catalano saber “sapere”, era la lingua franca utilizzata da Salonicco a Istanbul, da Valencia a Cagliari, da Genova a Tangeri. Gli ultimi studi la definiscono la più longeva di cui si ha notizia. Un lessico scarno ma preciso, con alcune classi di parole mancanti, composto da termini siciliani, genovesi, veneziani, spagnoli, con influenze arabe, greche, portoghesi e turche. La grammatica era semplice e l'ordine delle parole molto libero.
2022
RAW Rome Art Week, “Monochromacolor”, mostra collettiva, Studio Campo Boario, Roma.
In Scena!, In Scena! Award, premi alla carriera realizzati da dap, Istituto Italiano di Cultura, New York.
dap, “Sabìr limitless journey”, mostra personale, Time Gallery, New York.
2021-2022
XXXIII Porticato Gaetano, “Emergenza ambiente”, mostra collettiva, Pinacoteca Comunale A. Sapone, Gaeta.
2021
RAW Rome Art Week, “La stanza fiorita”, mostra collettiva, Istituto C. Volpicelli, Roma.
AUSGANG24, “GEHÄUSE”, mostra collettiva, Incinque Open Art Monti, Roma.
2020
SHE IS, “SHE IS… 2020”, mostra collettiva, One Art Space Gallery, New York.
2019
Sinergie Solidali, “La Donna: da Oggetto a Soggetto”, mostra collettiva, sede associazione, Roma.
RAW Rome Art Week, “Ciaccerata immaginatopeica”, progetto artistico partecipato, INMI L. Spallanzani, Roma. L’opera, “Ciaccerata… allo Spallanzani”, è esposta nell’atrio dell’ospedale.
ASREA, “ASREA 2019”, mostra collettiva, Ex Cartiera Latina - Sala Nagasawa, Roma.
dap, “Sabìr visionary bridge”, mostra personale, One Art Space Gallery, New York.
2018
XXX Porticato Gaetano, “Lo spazio e il tempo della memoria”, mostra collettiva, Pinacoteca Comunale A. Sapone, Gaeta. Attestato di segnalazione speciale. L’opera, “TMS”, è entrata a far parte della collezione d’arte contemporanea della Pinacoteca.
Umbria Art, “Festival d’arte contemporanea”, mostra collettiva, urban location, Terni.
dap, “Il Sabìr trame pittoriche”, mostra personale, Galleria Pagea Arte Contemporanea, Angri.
Eventi a Rome Art Week
2022
Accesso libero
Vernissage Lunedì 24 Ott 2022 | 17:30-20:30
2021
Accesso libero
Vernissage Lunedì 25 Ott 2021 | 16:30-19:00
2019
Accesso libero