FABRIZIO CRISAFULLI | FEDERICA LUZZI Linescapes
Mercoledì 3 ottobre 2018 alle ore 19.00 la galleria Borghini Arte Contemporanea inaugura “Linescapes”, la doppia personale di Fabrizio Crisafulli e Federica Luzzi. Le sculture di Federica e le forme di luce di Fabrizio si confrontano nello spazio in un reciproco scambio di tensioni.
Fabrizio Crisafulli crea linee e “azioni” di luce che dialogano con le opere di Federica e con lo spazio, ambiti di tensione nei quali le opere dei due artisti, nella semioscurità, vengono a trovarsi immerse e interagiscono. Giocando sul titolo della mostra, Crisafulli esprime alcune delle configurazioni che questo dialogo assume: Line-Scapes come paesaggi di linee con steli (scapes) di luce; Lines-capes in rifermento ai “capi” (capes) di Federica; e infine Lin-escapes dove Lin è un personaggio nell’evento, che si muove nello spazio in fuga. Il rapporto tra spazio e luce non crea banalmente un luogo dove attuare l’azione artistica, ma esso è “testo e matrice dell’opera”, quello che Fabrizio chiama teatro dei luoghi dove egli non pensa a una luce “che illumini e ‘valorizzi’ il sito come comunemente s’intende, ma, attraverso un intervento che si propone di mettere in relazione le preesistenze e l’arte contemporanea, a una luce che formi col luogo un campo energetico, entrando in tensione con le cose, con le loro forme e le loro memorie. Che si radichi in esse, aderendo alla loro pelle, e allo stesso tempo le trasfiguri in senso visionario.” (Fabrizio Crisafulli in Il pensiero e la luce – Intervista a Fabrizio Crisafulli di J. Ceresoli, Luce, 2011 – p.17). Fedele alla peculiarità del suo lavoro artistico con le installazioni e nel teatro, Fabrizio usa la luce come soggetto autonomo di costruzione poetica. Il ruolo dell’elemento luminoso artificiale deve essere simile a quello della luce in natura, non tanto imitandola, ma piuttosto ricordando il suo essere elemento primario e generativo.
“Federica Luzzi tesse nell’aria sculture di fibra vegetale avvitate, governate dal ritmo cosmico della rinascita, concettualmente assimilabili alle ‘forme germinali della vita che scorre’ che Shu Takahashi incastonava nelle tele degli anni settanta”(cit. dal catalogo della mostra 59° Premio Michetti, I labirinti della bellezza a cura di Maurizio Calvesi, Anna Imponente, Augusta Monferini. Vallecchi Editore 2008). L’osservatore che si muove tra le opere sospese nota che la sua visione orizzontale dello spazio è interrotta da linee verticali. Esse appaiono familiari come uno stelo che, muovendosi dal basso verso l’alto, dalle radici ai petali del suo fiore, cambia la forma fino a liberarsene. Le forme create da Federica sono strettamente legate al suo interesse per la tendenza naturale di un’idea di tradursi in atto. Quest’azione, che procede dalla mente alla realtà, conduce spontaneamente alla polisemia dell’immagine, la quale produce molteplici significati a seconda dei diversi contesti e delle diverse percezioni dell’osservatore. In virtù di questa ricerca nella semantica, l’artista lascia che l’immagine abbia sempre il medesimo titolo: Shell, ciclo di opere iniziato nel ’99. Volutamente non viene mai tradotto poiché, nella lingua inglese, la definizione di “shell” corrisponde più esaurientemente alle innumerevoli immagini associative ad esso legate: conchiglia, guscio, involucro, baccello, corazza, squama, scaglia, leggero battello, schema, schizzo di un progetto, cassa interna di feretro, scorza, carcassa, ossatura, apparenza, parvenza, proiettile, granata, cartuccia, bossolo, guardamano, strato elettronico.