Durante la Rome Art Week (25 - 30 ottobre) presso la Sesto Senso Art Gallery sarà possibile ammirare le nuove opere di Antonio Tamburro, tra cui il grande dipinto Ultima Cena (150x250 cm) che verrà presentato al pubblico Giovedì 28 ottobre in presenza dell’artista.
L’ Ultima Cena è una delle scene bibliche più celebri e rappresentate nella storia dell’arte. L’opera più nota, affrescata nel refettorio del convento adiacente al Santuario delle Maria delle Grazie a Milano è quella di Leonardo da Vinci, ma moltissimi sono gli artisti che hanno interpretato l’Ultima Cena: Raffaello, Paolo Veronese, Emil Nolde, Andy Warhol e tanti altri. Si richiama alla memoria in particolare quella di Tintoretto (1592-1594, Venezia, Chiesa di San Giorgio Maggiore) che la colloca all’interno di un’osteria veneziana in un’atmosfera drammatica e teatrale dove le figure si dimenano nello spazio con posture concitate. Una composizione insolita non frontale, ma fortemente asimmetrica. Nell’Ultima cena di Rubens (1630-31, Pinacoteca di Brera, Milano) invece, nello scomparto centrale del trittico, gli apostoli sono posizionati in un tavolo quadrato e non rettangolare dove tutta la scena converge sull’annuncio drammatico di Giuda. Dal Rinascimento alla Pop Art l’Ultima Cena è stata rivisitata, elaborata, reinterpretata e in alcune opere persino disgregata, capovolta. E’ il caso del dipinto realizzato da Salvador Dalì (Ultima Cena, 1955, National Gallery of Art di Washington), qui lo schema classico viene stravolto: il Cristo ha il volto della moglie Gala, all’ interno di un dodecaedro gli apostoli sono genuflessi e disposti simmetricamente con i volti abbassati in preghiera. Un’opera insolita e bizzarra.A sgretolare le regole canoniche non è stato solo Dalì, ma un artista ancora vivente come Antonio Tamburro.
L’artista si allontana bruscamente dalla solita rappresentazione, interpretandola con lo stile unico che lo contraddistingue. Il Cristo è una donna che con il volto dimesso e i palmi delle mani rivolte verso l’alto è circondata da una moltitudine di donne. La sua figura eterea avvolta dalla luce calda si distacca dal cromatismo acceso delle figure ai lati, i cui corpi aggraziati animano l’intera scena. La donna al centro indossa un semplice gilet che esalta la sua scarna figura; ha lo sguardo abbassato, dal quale traspare un’espressione di triste consapevolezza. Lo spazio dietro le figure è indefinito ed è dettato da grandi spatolate di colore che si tramutano in disegni geometrici discontinui. I volti delle donne che sostituiscono gli apostoli hanno diverse espressioni: trasognanti, perplesse, attonite, interessate, partecipano ad un evento insolito. Il dipinto è carico di dettagli che non sono visibili a prima vista e solo da un’osservazione minuziosa possono essere colti. Al lato sinistro della figura centrale è proiettata l’ombra di una donna che con la mano indica in alto; in realtà è una figura che non è coinvolta nella scena. Antonio Tamburro come un moderno Leonardo Da Vinci è abile a stupire lo spettatore attraverso alcuni dettagli pittorici nascosti nell’opera, frutto dell’invenzione di una mente fantasiosa come la sua. Sul grande tavolo compare il melograno simbolo di fertilità e abbondanza rappresentato frequentemente nella letteratura e nelle opere di epoche passate, si lega alla figura della donna. Al di sotto del tavolo le gambe delle figure si aggrovigliano con macchie di colore, linee, disegni e tacchi; poggiano su livelli diversi e creano sbalzi continui. Profano e laico- la colomba in basso a sinistra, la mela poggiata sul tavolo a sinistra- si alternano nel dipinto ad un ritmo incessante e quasi delirante, lo sguardo non si riesce a posare su qualche figura in particolare, corre da una parte all’altra senza sosta. La multi direzione delle figure e delle pennellate alimentano il clima di irrequietezza. Alla destra della figura centrale una donna dall’insolito volto rosso è posizionata di sbieco e ha il volto rivolto verso lo spettatore; il suo sguardo è fiero, ieratico, quasi pronto a sfidare lo spazio temporale, trafigge e buca la tela.
L’intento dell’artista: provocazione e sussulto interiore. In un’epoca ipocrita e finta perbenista un quadro può raccontare più di mille parole ed il maestro egregiamente con il suo pennello scuote nel profondo. L’Ultima cena di Antonio Tamburro è un’opera inedita, da osservare dal vivo e da scoprire un po' alla volta, perdendosi nella magia della sua pittura.