Ipersitu nasce con l’intento di investigare lo spazio d’artista come un iperluogo, flusso incessante di scambi tra fisico, cognitivo e digitale in relazione alla pratica artistica.
Nell’attuale era post pandemica, tale pratica ha subito radicali cambiamenti, dovendo far i conti non solo con la mancanza di risorse e con l’impossibilità di preservare i propri rituali in termini di presenza e relazioni ma anche con l’intensificarsi dell’utilizzo dei media digitali come luoghi di aggregazione e significazione.
Tutto questo ha coinciso con una totale mancanza di riconoscimento istituzionale e con il rischio per gli artisti di essere relegati alla dimensione dell’invisibilità.
Proprio lo studio, in questo senso, ha rappresentato una forma di resistenza, preservando non solo il suo ruolo di luogo deputato alla ricerca ma aprendosi anche all’attività espositiva e di accoglienza, confermando così la sua valenza sociale e culturale.
In occasione del quinto anniversario di Spazio in Situ, gli undici artisti che ne fanno parte sono chiamati ad interrogarsi sul ruolo intermediale dell’artist-run space, crocevia di esperienze interconnesse.
Tale indagine passa inevitabilmente da una rivisitazione dello spazio: l’area normalmente deputata all’esposizione diventa un ipertesto, collegando il “dentro” delimitato dalle pareti bianche con un “altrove” che assume forme mutevoli, spesso filtrate dallo sguardo tecnologico; gli studi invece si aprono temporaneamente alla dimensione espositiva, trasformandosi in display, luoghi di autorappresentazione della pratica stessa.
Attraverso lo sguardo sullo spazio del fare, gli artisti indagano anche quel complesso sistema di legami che intercorre tra di loro e che spesso si sostanzia in una identità collettiva, così come il ruolo dell’osservatore nella costruzione dell’opera stessa.
L’iperluogo artistico diviene un territorio di risignificazione in grado di contenere la complessità del presente e di generare nuove forme di convivenza.