Out of Space

Spazio InSitu inaugurates its new space and celebrates 2 years


Due anni fa Spazio In Situ apriva le sue porte per la prima volta, interrogandosi su cosa sarebbe diventato a breve e a lungo termine. Due anni sono ormai passati e anche se tante domande hanno trovato risposta, le preoccupazioni sono sempre le stesse. Da sei artisti siamo passati a undici e i 400 mq sono diventati 600. Lo spazio di Tor Bella Monaca evolve, senza perdere la sua identità e la sua singolarità nel panorama artistico capitolino.

La linea dello spazio è più che mai tracciata: consapevole delle proprie qualità, In Situ si interroga riguardo il sistema dell’arte contemporanea, sulle sue caratteristiche e su quanto il suo statuto sia complesso.

L’artist-run spaceè simultaneamente uno studio d’arte e uno spazio espositivo, zona di creazione e di fruizione, senza mai essere pienamente l’uno o l’altro. Personalmente lo qualificherei periferico al mondo dell’arte, una parola che Spazio In Situ ingloba pienamente sia a livello geografico che sul modo in cui si presenta come entità. Un luogo che lega la giovane produzione al rigore necessario, per trasmettere con qualità le idee degli artisti e permettere allo spettatore di fruire al meglio le opere. Uno spazio come questo ha un dovere morale da non sottovalutare, tanto quanto una galleria o un museo; tutti e tre sono mediatori di qualcosa di primordiale per la società odierna, la cultura. Questo ruolo non deve perdere di vista il suo potere pedagogico e le responsabilità che ne comporta.

Dare cultura o fare cultura è di per sé tentare di sradicare o per lo meno diminuire l’ignoranza costruendo un confine, operando in una zona rischiosa che purtroppo già è stata conquistata da un populismo internazionale.

La qualità è democratica solamente se ottenuta studiando e lottando, essa si merita. È unicamente valutando la qualità, l’impegno, la consapevolezza di responsabilità morale e la coerenza che si può definire il coefficiente culturale di un operatore artistico. Presuntuoso? Sicuramente. Si tratta più di un ideale che di una vera qualifica, l’obbiettivo comune da raggiungere.

L’artist-run spacepuò e deve tenerlo a mente: la ricerca di un miglioramento dell’offerta culturale non si presenta come prodotto ma come dono. È necessaria una costanza nella qualità dei lavori proposti, puntando non solo sulla realizzazione, ma soprattutto sul contenuto tramite messaggi universalmente leggibili per chi conosce il linguaggio dell’arte. Come tutte le altre lingue, questa necessita uno sforzo: ha la sua grammatica, che permette la chiarezza sulle intenzioni e sul messaggio, un’ortografia, ovvero il modo in cui si deve presentare, una coniugazione, legata al rapporto con la società odierna, e un vocabolario, costituito dalle forme che compongono l’opera.

Tutti possono pretendere di essere artisti, come tutti possono pretendere di parlare inglese, ma solo i fatti certificano le parole, l’azione definisce l’autenticità di tale pretesa. Non sono i likeo altri strumenti di misurazione che consentono la valutazione di un’opera, bensì le competenze di chi la fa e di chi la giudica. Questo fragile equilibrio esige un’eterna rimessa in questione, in un ambito che non deve essere contaminato dall’ignoranza; protetto ma aperto, non si deve mai staccare dal mondo reale.

Come detto prima, è una grande responsabilità quella di diffondere cultura, pertanto un mediatore artistico deve valutare senza perdere di vista queste necessità, prima fra tutte la coerenza tra parole e azioni.

Spazio In Situ è cosciente di queste responsabilità e del suo ruolo, quello di uno spazio in cui la condivisione, il dialogo e la serietà si sposano per creare arte, uno spazio giovane, in perpetuo sviluppo che si costruisce su una base solida.

Dopo due anni, Spazio In Situ cambia forma, una crescita non solo della sua superfice e degli artisti che lo compongono, ma anche una crescita di consapevolezza del suo dovere e delle sue caratteristiche.

Anche quest’anno In Situ riflette su quello che è, uno spazio di fruizione e di produzione periferico. “Out of space” è un nuovo interrogativo degli artisti di fronte allo spazio che abitano.

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