Scintille | Renata Rampazzi e Patrizia Bonanzinga

Pittura e fotografia illuminano lo spazio espositivo con colori incandescenti.

Mercoledì 25 settembre, la galleria Borghini Arte Contemporanea inaugura la doppia personale Scintille di Renata Rampazzi e Patrizia Bonanzinga.

Lo spazio espositivo si illumina con tutte le tonalità del fuoco: dall’arancione fino all’esplosione dei rossi. Le due artiste, tramite la pittura e la fotografia, creano immagini fatte di scintille incandescenti che non si spengono rapidamente, ma durano un attimo infinito e rimangono impresse nell’occhio di chi osserva.

 Le tele di Renata Rampazzi sono espressione di puro colore, raffinate, eleganti e coinvolgenti: “La Rampazzi appartiene, infatti, a quella categoria di artisti dediti all’astrazione che pensano l’astrazione stessa come contenuto e significato, non come ornamento e edonistica composizione.” (da L’Arte vince di Claudio Strinati)

Il rosso dei suoi olii, dunque, prende vita, si muove fluido e lento come la lava di un vulcano ed improvvisamente si accendono scintille inaspettate. Le sue opere “sono masse sciolte, minacciose, in procinto di abbattersi chissà dove. Esse possono creare, nel loro tragitto verso la riva, un breve ingorgo, qualcosa di fragile e precipitoso che viene colto al volo e fissato dalla mano attenta dell'autrice. Ma niente ci assicura che quel moto non proromperà oltre la tela e invaderà i nostri sguardi, i nostri spazi vitali.” (da Prevedere e arginare il caos di Dacia Maraini). L’occhio, infatti, non riesce a limitarsi a guardare, ma a è attirato all’interno, catturato dal vortice di colori, sfumature e tonalità, dentro le quali si possono cercare e trovare significati ed emozioni. “[…] Non mi aspettavo che già il primo quadro, subito, mi parlasse così chiaramente. Parlava a me. E subito sono riuscita a tacere e ascoltare, tacere e guardare […]”. (Lidia Ravera)

Patrizia Bonanzinga, invece, invita l’osservatore ad entrare, quasi fisicamente, nell’immagine. L’artista propone, infatti, fotografie digitali fruibili come se fossero vecchie diapositive, muovendosi costantemente tra la tradizione e la modernità: “[…] lavora con la tecnologia digitale manipolando gli attimi catturati con la macchina fotografica per creare immagini che ci ricordano come la temporalità sia qualcosa di abitato. L’artista costruisce questo senso vivido del tempo vissuto tramite immagini accostate l’una all’altra, dittici che forniscono una visualizzazione della durata.” (da Una visione del tempo vissuto di Marta Braun)

Le sue immagini sono moltiplicate dalla ripetizione del soggetto fotografico. La serie di esplosioni, combinate tra loro, crea un’immagine astratta, come se il soggetto quasi non fosse più riconoscibile, rivolgendo l’attenzione alla sola percezione di forme e colori. Osservare, in questo caso, vuol dire anche ricostruire, rintracciare, essere in continuo movimento con lo sguardo, cercando di seguire quello di Patrizia Bonanzinga che “[…] è allenato a spostare immagini, porzioni di esse, a rimontarle, a "derivarle", a trasformarle in particelle mobili e significative fino a risolverle in un insieme che è diverso, perché aggiuntivo, più complesso, perché prima semplicemente non esisteva. Il suo occhio è mobile, come mobili, spesso, sono le sue fotografie.” (da Un’avventura visiva di Adriana Polveroni)

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