La Biblioteca "Guglielmo Marconi" del comune di Roma
presenta
"Nel giardino perduto"
mostra personale dell'artista Alessandro Crapanzano
Vernissage giorno 19/10/2019 dalle ore 10.30 alle 13.00
la mostra è visitabile dal 19/10/2019 al 30/10/2019
Biblioteca Guglielmo Marconi
Via G. Cardano, 135. Roma
orari di apertura:
lunedi 15,00 - 19,00
martedì - venerdì 9,00 - 19,00
sabato 9,00 - 13,00
“Di salmastro e di terra
è il tuo sguardo. Un giorno
hai stillato di mare.
Ci sono state piante
al tuo fianco […]
L'agave e l'oleandro.Tutto chiudi negli occhi.[…]
[…] e non dici parolee nessuno ti parla.”
Cesare Pavese, Di salmastro e di terra, da “La terra e la morte” (1945)
Contemplare il silenzio, cercare l’infinito. Nel giardino perduto di Alessandro Crapanzano
Il talento di Alessandro Crapanzano si trova nella sua capacità di rappresentare la realtà naturale suscitando nell’osservatore il senso di attrattiva, l’avventura di cui parlava Roland Barthes1 in merito alla fotografia, ossia la capacità di “animare” chi la osserva, di “muoverne” la riflessione e l’emozione.
E ben si applica all’arte di Crapanzano, la riflessione di Barthes, anche perché le sue opere sono frutto di un procedimento meticoloso e sapiente realizzato attraverso le antiche tecniche fotografiche ottocentesche della gomma bicromata, della cianotipia e della calotipia.
La rassegna romana Nel giardino perduto di Alessandro Crapanzano, è un itinerario attraverso la natura mediterranea scoperta, osservata e vissuta dall’artista con richiami alle radici magno-greche della Sicilia, sua terra natale, all’assorto paesaggio laziale o alle raffinate coste basche francesi. È una rete intessuta di momenti ed approdi dell’uomo-artista in contemplazione del paesaggio e di come l’elemento naturale -rappresentato nella forma dell’albero, declinato nelle sue diverse specie arboree mediterranee sia esso il mandorlo, l’ulivo, l’agave, il ficodindia o il ficus macrophylla - divenga evocazione dell’altrove, chiave di lettura dell’elemento in uno spazio reale che la sensibile capacità dell’homo faber-artista sublima verso una dimensione assoluta, attraverso una ricerca cromatica che modula toni e contrasti e ne satura l’aspetto, rendendolo principio epifanico trasmutato dal ricordo, come fosse un eidolon emergente da un sogno mitologico.
L’artista interpreta lo spirito della natura e lo riproduce attraverso una grande attenzione ai dettagli minimi, come solo il processo fotografico può fare, ma che si arricchiscono attraverso i valori pittorici nell’equilibrio dei toni che esaltano le forme contorte, tenaci e riarse dei fichidindia come ne Il vecchio ficodindia (acrilico e gomma bicromata su legno, 72x126 cm) e nella serie dei fichidindia (Ficodindia verde, Ficodindia viola, Ficodindia rosso, Ficodindia estivo, tutti gomma bicromata su legno, 90x90 cm) quali presenze ieratiche di reiterata forza cromatica contemporanea così come la potente e maestosa presenza degli ulivi secolari, delle esili e tenaci figure dei mandorli e del fico, che popolano le antiche e scabrose pietre nella serie di cianotipie e calotipie dedicate alla Valle dei Templi di Agrigento, come ad esempio Il grande ulivo, cianotipia su carta 33x48 cm; Piccolo mandorlo, cianotipia su carta e calotipia su carta, entrambi 33x48; Il fico, cianotipia su carta 33x48cm). Il gioco di equilibri cromatici torna più e nuovamente nei “notturni”, come nelle visioni di estatica contemplazione del paesaggio marittimo in cui, contro cieli corruschi si stagliano chiome d’alberi od intrecci di rami spogli lambiti dalla spuma marina (Nube d’albero n.3, gomma bicromata su legno, 50x80cm, Nube d'albero n.V, gomma bicromata su legno 67x92 cm, In inverno, gomma bicromata su legno 57x74 cm) e nelle grandiose piante marsalesi colte nella loro esterrefatta imponenza e sublimate nel gioco del contrasto di luce ed ombra (Nel giardino perduto – black version e red version, gomma bicromata su legno 90x60).
Le atmosfere evocate da Alessandro Crapanzano nelle sue opere sono sospese ed immerse nel silenzio.
Come scrive il critico Elio Gioanola: “Il silenzio è voce dell’infinito e l’infinito è l’indicibile”2 e, parafrasando il critico, è prerogativa dell’artista darne rappresentazione.
Uno dei più grandi poeti moderni, Giacomo Leopardi, sosteneva che non potesse esistere più grande esperienza del “naufragare del mare dei sovrumani silenzi” e che principale e preliminare dell’esperienza estatica è l’aver occultata la vista dalla “siepe” o come avviene nel caso delle opere di Crapanzano dalla presenza dell’albero che “dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” e rende così più forte la prerogativa del “caro immaginare”. Dunque, per raggiungere la vera conoscenza del reale, non basta esclusivamente la razionalità piuttosto è l’immaginare ciò che non si può vedere ad occhio nudo, che da all’uomo la possibilità di evocare l’infinito e gli consente di conoscere la natura segreta e sacra, lo spazio del mito, dell’intuizione e dell’invenzione creativa.
È proprio tutto questo che l’arte di Alessandro Crapanzano riesce a fare, infondere il senso dell’oltre, dell’avventura spirituale, la contemplazione dello spazio infinito oltre l’oggetto naturale finito.
Beatrice Mastrorilli
1 Roland Barthes, La camera chiara, Einaudi, Torino, 2003, pag.21
2 Elio Gioanola, Pavese e il silenzio, in Cuadernos de Filologia Italiana, Vol.9 (2002), pagg.121-138