Arcacci - contemporary view of roman aqueductes

Andrea Aquilanti Stefano Esposito Gianni Fiorito curated by Maria Arcidiacono


In collaborazione con l’Associazione Oroincentri, la struttura polivalente MagmaLabSpace, in via Pietro della Valle, apre al pubblico con un evento espositivo dal titolo Arcacci - vedute contemporanee degli acquedotti romani, con opere di Andrea Aquilanti, Stefano Esposito e Gianni Fiorito, a cura di Maria Arcidiacono.

La mostra ha come tema centrale l’antico approvvigionamento idrico della città di Roma, con particolare riferimento agli acquedotti: opere monumentali che resero possibile l’afflusso di ingenti quantitativi d’acqua all’Urbe nel passato, (si calcola che ne giungessero un miliardo di litri al giorno) ma che hanno continuato a suscitare grande ammirazione nel corso dei secoli, suggerendo spunti evocativi negli artisti e negli scrittori moderni e contemporanei.

L'intento è quello di stimolare una riflessione sulla situazione paradossale vissuta dalla metropoli nell'estate appena trascorsa, considerata tra le più torride degli ultimi decenni. I cambiamenti climatici, il dissesto idrogeologico, l’assenza di un monitoraggio vigile sulla rete idrica e soprattutto la sua regolare manutenzione, hanno spinto l’attuale amministrazione capitolina a interrompere il flusso dell’acqua in molte fontanelle pubbliche; l’ente gestore e distributore ha dovuto ammettere di poter garantire l'approvvigionamento continuando a sottrarre acqua al lago di Bracciano, il cui livello si è notevolmente abbassato anche a seguito di queste misure, diventate consuetudine, anziché sporadici rimedi dettati dall'emergenza. Inoltre, le prime piogge autunnali stanno già mettendo a dura prova la rete di scarico delle acque, nota anch’essa nel passato come esempio di eccellenza dell’ingegneria idraulica, basti pensare alla Cloaca Massima, che risulta essere il più antico condotto fognario ancora funzionante. Gli acquedotti, come le straordinarie fontane barocche, ci parlano di una città che, oltre ad aver ampiamente sopperito nel passato alle necessità dei suoi abitanti, ha sempre meravigliato i visitatori per l’abbondanza d’acqua.

Il panorama della campagna romana, solcato dalle arcate degli acquedotti, simbolo di questo benessere che apparteneva a tutti, è stato oggetto delle opere dei tre artisti coinvolti; ciascuno di essi ha lavorato in particolari contesti, diversissimi gli uni dagli altri. 

Andrea Aquilanti, in accordo con la sua modalità espressiva che coniuga la fissa bidimensionalità del disegno e della pittura con il gioco illusorio della profondità di campo  nella video-proiezione, torna a formulare un’elaborazione sul profilo architettonico dell’acquedotto romano, dopo la mostra del 2011 curata da Franco Purini. Come visitatori ci ritroviamo catapultati nel luogo intimamente scelto e riscoperto dall’artista, interagendo nostro malgrado con suoni, come lo sferragliare di un treno, e con sensazioni a noi sconosciute. Davanti all’opera di Aquilanti, ci si ritrova proiettati in un’atmosfera evanescente ed estranea della quale inconsapevolmente ci appropriamo, trasformandola a nostra volta in modo definitivo e inalterabile; un’occasione di singolare privilegio, un dono che viene restituito all’artista.

Stefano Esposito ha scelto il raro silenzio innevato della periferia romana per srotolare una pellicola, un treno in corsa nel bianco insolito dell’inverno 2012, un'immagine effimera, straniante, talmente irreale da sembrare costruita artificialmente. Lo spettacolo naturale, breve e irripetibile come una performance, non ha trovato impreparato Esposito, che ha saputo restituire sorpresa all’immutabilità di quello scorcio di paesaggio romano, indifferente all’infinito scorrere dei secoli. Una pausa attonita, in grado di aggiungere ulteriore emozione a forme che non sembrano più realizzate dall’essere umano: il manto protettivo le confonde e le avvolge, assimilandole ad architetture naturali, trasformate unicamente dal lungo e ineluttabile avvicendarsi delle stagioni.

Gianni Fiorito, sul set del film La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, ha ritratto emblematicamente il protagonista Jep Gambardella, elegantissimo in abito bianco, che passeggia lungo la sequenza di arcate dell’acquedotto Claudio. Oltre all’accostamento ai numerosi dipinti e disegni che ritraggono i visitatori ottocenteschi del Grand Tour, lo scatto evocatore di Fiorito suggerisce un'ulteriore lettura, riconducendo il personaggio interpretato da Toni Servillo al suo ruolo di re della mondanità capitolina; un osservatore smaliziato, che non solo non ha nulla a che vedere con gli aristocratici europei assetati di cultura, ma vede con disillusione il degrado morale e culturale del proprio tempo, smascherando con un pizzico di cinismo le furbizie di chi tenta di spacciarsi per artista o intellettuale. Fiorito individua così un doppio registro e sottolinea, con attenzione e sensibilità proprie, gli istanti significativi della narrazione cinematografica.

Gli acquedotti, i giganti dell'acqua, sembrano oggi file di prigionieri stretti nel paesaggio periferico di costruzioni fitte e invadenti; eppure, nonostante invasioni barbariche e moderna incuria, scandiscono e solidificano con la loro materia semplice un orizzonte che riesce ancora ad attirare irresistibilmente il nostro sguardo.

Nel corso dell'inaugurazione, avrà luogo un reading a cura dell'attore Teo Bellia, con una breve antologia di brani letterari di autori antichi e moderni.