Bruno Ponte Corvo

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Pierluigi Pusole è nato A Torino nel 1963 a Torino. Ha iniziato ad esporre le sue opere nel 1986, ha partecipato a diverse rassegne d’arte tra cui la Biennale di Venezia nel 1991, Dodici pittori italiani nel 1995, Cambio di guardia nel 1996. E’ ritenuto un artista originale e maturo, la sua pittura risulta spesso ironica, ma sempre impegnata in un confronto dialettico con mezzi di produzione d’immagini.  Pierluigi Pusole è un romantico che crede nella logica, molto difficile per un critico è seguire gli sviluppi e le svolte improvvise che la sua produzione artistica intraprende. Agli inizi degli anni ’90 Pusole era il leader indiscusso e una delle figure più lucide della giovane figurazione italiana. Figlio di una generazione che non aveva vissuto in maniera diretta i segni del reale, Pusole padroneggiava una pittura dove figure visionarie e visioni alternative si  ripetevano. Si trattava di un linguaggio che ricordava, da lontano, la serietà della Pop Art. ‘’La serialità delle prime opere mi permetteva, paradossalmente, di annullare la pittura, di azzerare il peso della storia e dei suoi limiti formali…’’. Col senno di poi lo storico dell’arte non può non fare a mano di notare che ‘’azzerare’’ il peso deella storia della pittura sia stata una strategia attraverso la quale molti artisti degli ultimi 15 anni si sono avvicinati alla pittura. Infatti, la pittura oggi rifiuta di considerarsi un sistema chiuso e auto-celebrativo governato da segni  divenuti comprensibili a pochi. Abbandonate trame e figure ereditate dal campionario della tradizione, la pittura torna ad essere campo d’investigazione. Questo spiega, in parte, perche Pusole, ad un certo punto, abbandoni la figurazione. Nel momento in cui le sue immagini riescono a scandire l’indifferenza per il contemporaneo, sentimento con il quale l’Italia di solito accoglie i suoi migliori artisti, Pusole abbandona un certo tipo di pittura. L’artista si rende conto che la figurazione costituisce una trappola formale che gli permette di esprimere sicurezza e talento, rischiando però di chiudersi in un percorso prevedibile.  Pusole sceglie di dipingere ‘’senza rete’’, coltivando l’esigenza di investigare una pittura nuova, che lui definisce ‘’antinaturale’’, una pittura che non ripeta i segni della realtà, né si limiti alla decostruzione dei segni mediali, che vada al di là del mediale ricreando in qualche modo l’esperienza. Promessa di cambiamento e non sterile riproduzione dello status quo visivo di fine secolo. L’arte deve suggerire significati importanti al di là di una facciata razionale. Se la politica dell’esperienza odierna denuncia l’eccesso di accumulazione, la promessa di risorse sempre nuove e un’infinita banca dati di conoscenza…l’arte deve resistere a questa voracità dichiarando che esiste qualcosa di non mercificabile, catalogabile. A questo qualcosa Pusole dà la struttura del paesaggio: ‘’Io continuo a partire dal paesaggio, che è solo un pretesto: mi interessano la natura, il paesaggio , perché sono il sistema formale più complesso. Io voglio entrare in competizione con il sistema formale più complicato e aperto, quello che rielabora sempre nuove informazioni.’’ Tale scelta sembra in contrasto con l’abbandono di forme e di logiche della tradizione pittorica: il paesaggio, infatti, è uno dei generi storici della pittura. In realtà ci sono particolarità che non son o soggette alle mode correnti, esiste uno specifico della pittura  che è anche la sua forza. La costrizione all’interno di un quadro, ad esempio, l’obbligo di rappresentare attraverso dei limiti materiali. Pusole adotta il paesaggio come canovaccio sul quale tessere le proprie forme: è un paesaggio spoglio, composto soltanto da elementi primari, dipinto a colpi essenziali di giallo che spesso lasciano trasparire la trama del disegno sottostante. Anzi, è proprio il segno della matita a conservare quella plasticità della tela, provocando l’appiattimento del giallo. Anche nelle immagini più astratte riconosciamo sempre un orizzonte, una linea chiarificatrice e razionalizzante, testimone di un’orizzontalità che contrasta con le vertigini ottiche di Pusole. Orizzontale, come il mare visto da un’isola. Il vuoto come possibilità di costruzione. In effetti non si può dire che Pusole sia mai stato un pittore astratto, egli crede profondamente in una rappresentazione simbolica, è un romantico che crede nella logica, e la linea resta per lui a manifestare la necessità di realismo. Dimenticato il filtro dei media, l’assordante overland d’immaginazioni, Pusole ora chiede sostanza alla realtà e ce lo ricorda in ogni immagine. 

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