Young tigers

Collettiva


Young tigers

In occasione della terza edizione di Rome Art Week, l’Associazione Culturale O-A-C di Roberto Alessandri presenta la mostra collettiva Young tigers.L’esposizione presenta una serie di opere realizzate dagli artisti nel momento in cui, nella seconda metà degli anni 2000, hanno iniziato il loro percorso artistico all’interno dell’Associazione.

Obiettivo della mostra è mettere in risalto il lavoro di artisti che, nonostante la giovane età, hanno dimostrato da subito una dirompente forza emotiva e creativa grazie alla quale sono riusciti ad imporsi ed esprimere la propria visione della realtà attraverso un’analisi e un osservazione del mondo che si traduce in una sua rappresentazione surreale, a volte anche misteriosa e conturbante.

 

 

L'artista realizza le sue opere servendosi di diversi medium tra cui il disegno, la scultura, gli elementi audio e video, con i quali realizza ambienti in cui i singoli elementi interagiscono e agiscono coinvolgendo e trasportando direttamente lo spettatore all’interno dei suoi racconti. Queste storie, in cui a volte ritroviamo anche situazioni brutali, sono sempre una rappresentazione degli eventi che riguardano la vita, singola e globale, di tutti noi.

La volontà di raccontare, confrontarsi e relazionarsi è il focus dell’opera dell'artista, come si può già vedere dai suoi primi lavori realizzati su tela carichi di riferimenti simbolici.

Queste opere riportano alla mente mondi fantastici e surreali in cui convivono e intessono relazioni giovani ragazzi e animali che assumono una forte valenza simbolica. Questi animali, tra cui troviamo cani, gatti, uccelli, cavalli sono sempre in una stretta relazione con le esili figure che abitano lo spazio della tela.

L'autore crea uno spazio sospeso e senza tempo in cui si instaura il rapporto uomo-natura, uomo e animale, dal quale emerge un legame confidenziale e protettivo enfatizzato attraverso una pittura caratterizzata dall’utilizzo di toni caldi che contribuiscono a rafforzare la carica emotiva dell’opera.

 Elisa Addesso

 

 

Vi sono luoghi della mente grandi quanto stanze, dove misteriosi personaggi immaginari mettono in scena ambigue situazioni. L'artista le dipinge a smalto e olio, sospendendo, tra una stanza e l’altra, presenze ed oggetti. Uomini e donne sono colti in atti sfuggenti, subito prima o appena dopo un avvenimento che non viene palesato ma che dà vita ad un senso di inquietudine. Nelle stanze vuote, solo pochi particolari attraggono l’attenzione. Come in un quadro metafisico, l’atmosfera è sospesa e grandi ombre si diramano dal suolo.

I soggetti, dandy melanconici e indecisi, indossano abiti e dettagli di alta moda, che contribuiscono all’effetto di sfasamento: i loro volti enigmatici e ombrosi celano segreti inconfessabili che è dato solo immaginare. Le sagome disegnate a terra ricalcano scene di crimini dagli indizi insufficienti: il corpo è stato occultato e i pochi oggetti rimasti, tacchi a spillo, calze a rete, pugnali e teste di animali imbalsamati, contribuiscono a rarefare l’atmosfera. I suoi quadri sono epifanie in cui ogni forma visibile diviene simbolo di qualcosa di più profondo, in un’infinita rete di corrispondenze che si protendono verso l’inconoscibile, l’enigma e il mistero.

In questa visione simbolica e oscura l'autore si lascia guidare dall’inconscio e dall’irrazionale, alla ricerca di uno stato di coscienza dove l’assoluto e l’ineffabile possano rivelarsi.

 Da Metafisica del dandy di Sibilla Panerai

 

 

Prima di trasferirsi a New York, prima di iniziare a sperimentare la creazione come quell’atto di violenza che solo la scultura - nella quale l’artista si afferma lottando faticosamente sulla materia dura - garantisce, il lavoro dell'artista si riconosce nel linguaggio figurativo in cui domina “l’amore per il mezzo che è il colore, i pennelli e la matita”.

Giovane e appena laureata all’Accademia di Belle Arti di Roma, l'artista dimostra, ciononostante sin dalle prime opere un immaginario maturo, consapevole e coraggioso nell’esprimersi attraverso una tecnica che sa essere tanto rigorosa nelle sue provocatorie tele, quanto libera, quasi superata, nelle serie qui esposte dei lavori su carta.

Ed è qui, nell’immediatezza del profondo inchiostro che rintracciamo la sua capacità di rapirci nel suo immaginario, disvelando nei suoi paesaggi gli scorci di un unico luogo. Posto in una dimensione rurale e lontana, non sappiamo quanti angoli ancora siano in serbo per lo spettatore, non sappiamo se questo luogo sia grande o piccolo, ma percepiamo l’intima conoscenza che l'autore ha con ciascun paesaggio e speriamo, in cuor nostro, che non si stanchi mai di raccontarcelo.

Giulia Perreca